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«Sul caso Calipari in disaccordo con gli Usa»

da Roma

Il soldato americano che ha sparato a Nicola Calipari, il funzionario del Sismi ucciso in Irak il 4 marzo 2005, «dovrebbe rispondere alla giustizia italiana», anche se «le autorità statunitensi da questo punto di vista fanno resistenza, fanno muro». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, alla trasmissione Omnibus su La7.
Il vicepremier ha ricordato di avere affrontato la questione direttamente con il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, in occasione della sua missione a Washington lunedì scorso: «Loro sono coscienti che è un problema - ha detto Fini -, al tempo stesso difendono in qualche modo l’operato della loro Commissione» che ha indagato sull’accaduto. Il «punto di divaricazione» fra Italia e Usa, ha proseguito il vicepremier, è che «per noi ci sono delle responsabilità che devono essere definitivamente accertate e punite, per loro non ci sono responsabilità». «Per questo non sottoscrivemmo la dichiarazione congiunta» al termine dell’inchiesta statunitense, ha spiegato Fini, «proprio perché non condividevamo le conclusioni cui erano giunti gli americani». A Washington però non cambiano posizione. «Per noi il caso è chiuso», ha replicato una fonte del Dipartimento di Stato.
Fini si è soffermato su altri temi di politica internazionale. «Dire che la Cina sia un Paese democratico è una colossale inesattezza. In una democrazia che loro stessi definiscono popolare, è certamente una situazione in evoluzione, ma - sottolinea Fini - non c’è nulla di democratico in Cina».

Sul Medio Oriente Fini ribadisce che «la prima vittima della vittoria di Hamas rischia di essere la causa palestinese proprio perché con Hamas si torna indietro di dieci anni».

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