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«Sul lavoro tutti possono sbagliare»

Nostro inviato a San Paolo

Nervi tesi. Lewis Hamilton entra in sala stampa con il solito sorriso. Partono subito le domande: che cosa è successo con Raikkonen, quando è tornato in pista e se l’è ritrovato dietro a tutta velocità? Non le sembra di averlo ostacolato? «No, non credo proprio - ribatte sereno lui -, penso di aver fatto una manovra corretta». È in quel momento che una giornalista francese - per cui super partes - sbotta e incalza: prima nelle libere e poi anche in qualifica, lei, signor Hamilton, ha ostacolato per due volte Raikkonen? E Lewis ancora sorridente: «Non la penso come lei, non avevo motivi per dargli fastidio, non c’era ragione per fare qualcosa contro di lui. Comunque, credo di aver fatto la cosa migliore in quel momento e, appena ci siamo incontrati, gli ho chiesto scusa… E comunque, la ritengo una manovra pulita».
Pulita? Ma se tutti hanno visto che l’ha messo in difficoltà di proposito, ribatte la signora. Lewis meno sorridente: «Non sono d’accordo, comunque avevo gli specchietti retrovisori che vibravano, non riuscivo a vedere bene…». Questo sarebbe il suo modo di lavorare, il suo modo di comportarsi da uomo di sport? A quel punto Lewis è l’ombra del ragazzo impeccabile di mezz’ora prima, è livido, trattiene a stento la rabbia. «Sì - ribatte gelido - . Perché lei non ha mai avuto dei problemi al lavoro? Eh? Non ha mai commesso errori?». Certo, infierisce la francesina, però mai quanto lei.
Gong, pausa, si torna agli angoli. Un paio di domande inutili, quindi un giornalista inglese bolla come ridicole le domande della figliola transalpina, e porge ad Hamilton una domanda politicamente corretta.

Risposta e la francesina torna alla carica: «Per continuare con le domande ridicole: lei, signor Hamilton, pensa di poterla fare sempre franca e poi sistemare tutto chiedendo scusa?» Lewis ringhia: «Non ho alcuna intenzione di risponderle ancora».

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