Il gospel, musica religiosa di origine popolare, è una forma addomesticata di spiritual che oggi è diventata una scusa per far festa. Un tempo era la musica di Five Blind Boys of Alabama (rilanciati da Peter Gabriel) e di Mahalia Jackson e prima ancora dei predicatori itineranti e perfino dei bluesman. Alle origini i brani erano di matrice tradizionale, poi Charles A. Tindley e Thomas A. Dorsey scrissero centinaia di brani originali che al tempo stesso rinnovarono il repertorio religioso nero e stimolarono il nascere di gruppi, cori e solisti sia bianchi che neri. Oggi il gospel è un fatto di costume, un avvenimento spettacolare che coinvolge con le sue cangianti coreografie. Basta accennare «Oh Happy Day» e anche il pubblico più compassato comincia a saltare in piedi e a battere il tempo con le mani. In Italia, soprattutto a Natale, arrivano decine di gruppi pseudogospel che fanno impazzire il pubblico radical chic. Certo non si può pretendere di riportare in vita i Dixie Hummingbirds et similia, ma un minimo di decenza...
Nella pletora di gruppi che hanno invaso Milano si sono distinti ieri il Soweto Gospel Choir al teatro Smeraldo e, fino a giovedì, lAngels In Harlem Gospel Choir in scena al Blue Note con due concerti per sera.
Sul palco Quegli spiritual di qualità tra le mode del Natale «in black»
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.