Roma«Se Moana fosse vissuta oggi, ci avrebbe aiutato a liberarci delle paure che affliggono questo paese». Ci sono molti modi per raccontare una pornostar. Ma quello di farne una sorta di eroina del progresso e delle libertà civili è perlomeno singolare. Questo è il modo scelto da Moana: la fiction targata Sky - in onda il 1° e il 2 dicembre alle 21 su Sky Cinema 1 - che per legittimare la bionda (e problematica) pornodiva Moana Pozzi quale protagonista di fiction, sceglie la strada della beatificazione laica. Trasformandola in una donna (parole del regista, Alfredo Peyretti) «che oggi può essere per tutti simbolo di libertà e di coraggio; che ha saputo resistere alla cultura bigotta dellItalia degli anni Ottanta; che fuori da ipocrisie e alibi ha saputo recuperare il senso della libertà». A dire il vero, il vero alibi sembra quello che gli autori della fiction - con Violante Placido nei panni (pochi) della protagonista - mostrano di fornire a se stessi, pur di sfruttare un personaggio discutibile ma (presumibilmente) redditizio. Non sembra loro che frasi del tipo «tutti portavano una maschera, lei le tolse tutte» o «tu sei troppo vera per non far paura a unItalia troppo ipocrita» risultino una forzatura? «No, non credo che in questa fiction ci siano forzature o sopravvalutazioni del mito di Moana - replica Peyretti -. Lei fu davvero un fenomeno di resistenza a forme di filosofia antica su cui lItalia di allora era ancora arroccata. Proprio per questo è diventata un mito». «La popolarità di Moana non labbiamo mica inventata noi - aggiunge Nils Hartmann, di Sky -. E dunque ci sarà un perché. Noi abbiamo avuto il coraggio di raccontarlo».
E il coraggio di raccontare la vera natura, spesso dolorosa e squallida, degli ambienti in cui si fa denaro col sesso, come dimostrato dalle cronache più recenti? «Nella seconda puntata cè una descrizione del mondo del porno più triste, più drammatica di quella quasi giocosa raccontata nella prima - concede il regista -. Ma quel che conta è che la nostra Moana incarna lopposizione a tutto ciò che in Italia non poteva essere né visto né fatto».
Quanto alla protagonista, descrive il suo rapporto col personaggio con toni simili a quelli generalmente usati dagli interpreti di grandi eroi o di santi: «Moana è stata accanto a me durante tutte le riprese - afferma Violante Placido -. La sentivo vicina, la sentivo al mio fianco. E sentivo la responsabilità di restituirla ai suoi milioni di fan; a chi ancora la ricorda con affetto». La pornodiva «aveva certamente un lato esibizionista - riconosce - certamente provava piacere a immaginare cosa facessero milioni di uomini con la sua immagine. Ma io in questo non vedo nulla da condannare. Milioni di donne proverebbero lo stesso piacere. Solo che non lo confessano. Insomma: su un personaggio simile aveva senso farci un film». Già: ma che tipo di film? Anche qui loperazione non è risultata chiara: lo sceneggiatore e regista, Cristiano Bortone, poco dopo linizio delle riprese è stato infatti sostituito da Peyretti. «La sua sceneggiatura era ottima, ma sul modo di girarla non eravamo in sintonia - spiega il produttore Breccia -. Lo stile di Bortone era troppo incline alla mimesi, voleva inserire spezzoni di repertorio con la vera Moana; mentre a noi occorreva una marcia un po folle, più da favola rock». Il cambiamento aveva spaventato la Placido. «Poi ho capito che un progetto così diverso dal normale necessitava di un po più di follia». Il lato umano del personaggio, oltre quello più appariscente, sembra averla sedotta: «Era anche molto umana e molto intelligente, oltre che molto bella».
Moana andrà in prima serata, «ma col bollino rosso del vietato ai 14», precisa Hartmann. I genitori della pornostar non sono stati interpellati, «ma il manager Schicci, e il marito di Moana lhanno visto. E hanno trovato Violante più Moana di Moana stessa».
Quanto a Ilona Staller, che ha già chiesto 30 milioni di euro di risarcimento danni per lutilizzo illecito del personaggio Cicciolina, depositato allUfficio italiano brevetti, in assenza di liberatoria, ha detto che probabilmente non vedrà la fiction, che «è unoperazione di mero business».
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