Sul Welfare l’altolà di Dini e Mastella Diliberto: un ricatto


Alla vigilia dell’approdo in Aula alla Camera diventa incandescente il clima intorno al disegno di legge sul welfare. E mentre il sindacato minaccia lo sciopero generale se il governo non interverrà a sbloccare i contratti, le divisioni nella maggioranza emergono in serata con una durezza insolita anche tra le file di un governo più che litigioso.
Le prime bordate arrivano dal ministro della giustizia Clemente Mastella: «Sul welfare no a cambi di rotta. I patti vanno rispettati, ancor di più dopo il referendum che ha registrato un amplissimo consenso da parte dei lavoratori. Se ci fossero ripensamenti allora una crisi di governo sarebbe probabile». Il segretario dei Popolari-Udeur chiarisce: «La sinistra estrema non pensi che con le divisioni nella Cdl, in caso di crisi di governo, si sia scongiurato il rischio di elezioni anticipate. Tale rischio ad oggi è ancora reale». I senatori Lamberto Dini e Natale D’Amico, che dopo la finanziaria si considerano ormai affrancati dai vincoli di maggioranza, aggiungono ulteriori elementi di preoccupazione per Prodi e lanciano un monito in un articolo pubblicato oggi sul «Sole 24 Ore», anticipato dal sito web del quotidiano. Le modifiche al ddl Welfare approvate in commissione Lavoro della Camera sono state «inopportune» e per il governo sarebbe «saggio» porre la fiducia sul testo originario del ddl, fedele allo «spirito del Protocollo».
«Se così sarà, non mancherà il nostro appoggio, e si ricupererà anche il consenso delle parti sociali. Se il testo sarà diverso, giudicheremo nel merito la nuova proposta». Dini e D’Amico fissano dei paletti: «Chiariamo fin da subito che non daremo il nostro assenso a proposte che accrescano i costi finanziari rispetto a quanto, e non è poco, fin qui previsto. E neanche a proposte che irrigidiscano ulteriormente le regole di funzionamento del mercato del lavoro».
In serata arriva la risposta della sinistra radicale ed è durissima: «Dini dice che voterà soltanto la fiducia sul testo originario del decreto sul welfare? Un ricatto nei fatti. A reagire è Oliviero Diliberto, che prosegue: «Dini mente quando afferma che le modifiche portano aumenti di spesa. E a proposito di aumenti di spesa poteva votare al Senato la norma che sopprimeva le direzioni provinciali della Banca d’Italia come chiedeva il governo. O forse quando gli aumenti di spesa riguardano i vecchi amici di Bankitalia si possono sopportare?»
In giornata pesante era stato anche il clima dell’assemblea confederale di Cgil, Cisl e Uil: «Stiamo assistendo al preoccupante impoverimento progressivo di chi lavora», aveva detto il segretario della Luigi Angeletti. A emergere era stata la fotografia di una realtà desolante ribadita anche da Guglielmo Epifani (Cgil) e Raffaele Bonanni (Cisl). Insieme ad alcune proposte per lasciare più soldi nelle busta paga, il sindacato ha lanciato anche un avvertimento al governo «amico»: o si dà una mossa per sbloccare il rinnovo dei contratti o nel gennaio 2008 sarà sciopero generale.
Sul welfare al sindacato non va giù, come ha detto Bonanni «che dopo esserci fatti tutti carico dell'interesse generale, poi in Parlamento basta una forza minoritaria per mettere in discussione tutto». Evidente riferimento alla componente comunista di governo. Concetto rincarato da Epifani, che dopo aver detto di non aver capito su quale testo il governo porrà la fiducia, ha aggiunto che «non si può peggiorare quello firmato da noi e approvato dai lavoratori».
Quanto alle proposte per arginare l'impoverimento di dipendenti e pensionati, il segretario Uil ha rilanciato una sua proposta del 2004. Ovvero detassare per 3-4 anni gli aumenti contrattuali.

Sul medio periodo, invece, bisogna «ridurre le tasse ai lavoratori che stanno impoverendosi», magari con più detrazioni. Secondo Epifani bisogna anzitutto «ridurre nel tempo di almeno un punto di Pil il prelievo su lavoro dipendente e pensioni».
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