Sulla famiglia il Vaticano si attende una svolta dal governo

Benedetto XVI critica la leg-

ge 194, molti politici leggono il discorso papale come un affondo della Chiesa guidata dal Papa tedesco, una radicalizzazione dello scontro. E c’è persino chi bolla la sortita papale come «offesa» allo Stato democratico. «L’aver permesso di ricorrere all’interruzione della gravidanza – ha detto Ratzinger – non solo non ha risolto i problemi, ma ha aperto una ulteriore ferita nelle nostre società».
Le parole del Pontefice rappresentano forse una novità, dato che chiamano in causa direttamente la legge che da trent’anni ha legalizzato l’aborto nel nostro Paese e non soltanto il principio della sacralità della vita e della sua inviolabilità fin dal concepimento? Non è difficile rispondere ricordando che più volte e pure in maniera più aspra ed esplicita, Giovanni Paolo II ha citato proprio la legge 194. Durante la campagna referendaria del 1981, ad esempio, con accorati appelli lanciati dall’Aquila e da Bergamo. Ma anche in occasione di udienze concesse proprio al Movimento per la vita. Il 22 maggio 1998, nel ventennale dell’introduzione dell’aborto legale in Italia, Papa Wojtyla parlò ai membri del Movimento dei «gravi fenomeni che si registrano anche in Italia, dove negli ultimi venti anni ben tre milioni e mezzo di bambini sono stati soppressi con il favore della legge, oltre a quelli eliminati in modo clandestino». Aggiunse che «motivi di conforto vengono oggi anche da parte di quanti constatano sul piano politico il fallimento delle leggi abortiste, le quali non solo non hanno sconfitto l’aborto clandestino, ma, al contrario, hanno contribuito al crescere della denatalità e non di rado al degrado della moralità pubblica». Definì la legislazione abortista «una sconfitta e un’umiliazione per la donna e la sua stessa dignità», spiegando che le leggi che legalizzano l’interruzione volontaria della gravidanza «oltre a ferire la legge impressa dal Creatore nel cuore di ogni uomo, manifestano una forma non corretta di democrazia, propongono un concetto riduttivo di socialità, rivelano una carenza d’impegno da parte dello Stato nei confronti della promozione dei valori».
Ma c’è di più. Dieci anni fa, nella stessa occasione in cui si è verificata l’udienza di ieri, Giovanni Paolo II disse esplicitamente ai delegati del Movimento per la vita che all’aiuto concreto e all’azione educativa doveva corrispondere «l’impegno politico per il riconoscimento pieno della dignità e dei diritti del nascituro e per la revisione di leggi che ne rendono legittima la soppressione». Dunque un accenno esplicito a un impegno per una revisione della 194. L’invito a questo impegno, nel discorso di Benedetto XVI, è rimasto implicito, pur avendo insistito il Papa perché le diverse istituzioni «pongano di nuovo al centro della loro azione la difesa della vita umana e l’attenzione prioritaria alla famiglia».
Una seconda domanda riguarda i tempi del discorso papale. Le sue parole sono da considerare come un segnale diretto al governo appena insediatosi? L’udienza al Movimento per la vita, riunitosi a Roma per un convegno dedicato proprio all’analisi dei trent’anni di legislazione abortista nel nostro Paese, era prevista da tempo.

Di certo la Santa Sede, al di là del dibattito sull’assenza di ministri provenienti dalle fila del mondo cattolico, si aspetta che il nuovo esecutivo realizzi politiche concrete in favore della famiglia e della maternità, oltre che dell’occupazione giovanile e degli aiuti per la casa, invece di considerare prioritario – come aveva fatto la precedente compagine – il riconoscimento delle coppie di fatto e delle unioni gay.

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