Adalberto Signore
da Roma
«Mi rimetto alla decisione della Corte Costituzionale». Alla fine, anche Roberto Castelli allenta la presa. E decide che il ministero della Giustizia non si costituirà davanti alla Consulta nel conflitto di attribuzioni sollevato dal Quirinale in merito allesercizio della grazia (la Corte dovrà stabilire se è un potere «duale», come ha sostenuto fino a oggi la giurisprudenza, oppure nelle sole mani del capo dello Stato). Una scelta, spiega il Guardasigilli, che dipende semplicemente da un fatto: «Non ho alcuna tesi da difendere e desidero solo che la Consulta risolva la questione dellapparente contrasto tra gli articoli 87 e 89 della Costituzione». Insomma, Castelli non ha nessuna intenzione di «difendere il potere di veto del ministro della Giustizia dando uninterpretazione restrittiva dellarticolo 89». Ma, «più semplicemente», sapere come stanno le cose. E cioè se la grazia è un potere che può esercitare da solo il capo dello Stato oppure se è necessario il consenso del guardasigilli. Perché, aggiunge, «desidero non prendermi la responsabilità di firmare la grazia verso persone che non ritengo siano meritevoli di averla».
E forse sta proprio qui il nodo. Perché se è vero che fonti vicine al ministero della Giustizia fanno sapere che la decisione era nellaria «per ragioni di fair play» (Castelli non avrebbe potuto utilizzare lAvvocatura dello Stato, che già assiste il Quirinale, e si sarebbe creata una sorta di frattura istituzionale), non può neanche non aver pesato lo scontro dei giorni scorsi sul caso Sofri tra il ministro leghista e Umberto Bossi. Il conflitto di attribuzioni, infatti, riguarda sì Ovidio Bompressi, lex militante di Lotta continua condannato a 22 anni di carcere per lomicidio del commissario Luigi Calabresi. Ma è chiaro che un eventuale decisione favorevole a Bompressi sarebbe una sorta di «scivolo» per lex leader di Lc, in prognosi riservata allospedale Santa Chiara di Pisa dallo scorso 29 novembre.
E su Sofri, non cè dubbio, nel Carroccio cè stato un vero e proprio cortocircuito tra il Senatùr e il Guardasigilli. Che, probabilmente, non ha capito quanto Bossi sia rimasto colpito dalle difficili condizioni di salute di Sofri. «La pensiamo in modo diverso, ma questo nella Lega non è motivo di rottura», aveva smussato qualche giorno fa a Varese il Senatùr. Che, però, in molti descrivevano «furioso» verso Castelli. «Roberto ne ha fatto una questione personale - ha detto Bossi a più di una persona - ma non si rende conto che così lo facciamo passare per un martire». Così, se pure il Senatùr ha lasciato a Castelli lultima parola sulla grazia a Sofri, il colonnello leghista non deve aver colto quanto Bossi tenesse alla questione.
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