da Roma
La spesa di denaro pubblico corre ad altissima velocità sui binari italiani: diciassette anni fa il costo della linea veloce Roma-Napoli venne fissato in circa 2 miliardi di euro, salito all’ottobre 2007 a quasi 4 miliardi e mezzo. Per la Bologna-Firenze era stata prevista una spesa di poco più di un miliardo, poi aumentata, lievitata, quadruplicata, fino ad arrivare, al rilevamento di fine luglio 2007, a oltre 4 miliardi.
Infrazioni «al principio di economicità di realizzazione», al «principio della concorrenza e della non discriminazione», per interventi che hanno subito, «in corso di esecuzione, notevoli incrementi di costo e del tempo di realizzazione». La gravissima accusa al sistema Alta velocità arriva da un recente documento dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, una vera e propria «istruttoria» sugli «interventi gestiti da Tav spa».
Costi che si impennano, risultati che non arrivano, dice l’indagine, consegnata come monito a Tav spa e al suo general contractor. Tra le difficoltà che dovrà affrontare il nuovo ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Altero Matteoli c’è anche il «mistero» dell’eplosione dei costi, a spese dei cittadini, delle grandi opere, in questo caso dell’alta velocità.
Il prezzo aumenta per finire prima i lavori? Assolutamente no, a quanto indicano le tabelle contenute in questa relazione. Prendiamo la Bologna-Firenze: all’inizio del ’94 si stabilì di terminare il cantiere nell’aprile del ’99, nel ’98 si spostò questa data al 2001, nel 2001 al 2004, nel 2004 al 2005 e infine, a fine luglio 2007, l’ultimo obiettivo è stato di finire il lavoro (con prezzo raddoppiato) il 28 febbraio del 2009. Nei 4 miliardi e 563 milioni indicati come ultimo «prezzo forfettario» per la conclusione dell’opera nell’ottobre del 2007, sono stati poi esclusi, rileva il documento, «maggiori oneri di mitigazione e indennità per danni a proprietari e inquilini», quantificabili in altri 71,78 milioni di euro.
Per la Bologna-Firenze la previsione fatta nel 2000 di chiudere il cantiere nel giugno del 2009 è stata sostanzialmente mantenuta, ma dal ’96, in appena undici anni, il prezzo come detto è quadruplicato, e soltanto dal 23 febbraio del 2007 (penultima rilevazione) al 31 luglio del 2007 (ultima), il costo è aumentato di altri 19 milioni di euro. Perché? «Varianti», la motivazione indicata. Ma sottolinea il documento come, in questa cifra finale, non siano considerati ben 700 milioni di euro di «ulteriori riserve».
I motivi di incremento sono stati: modifiche di tracciato per ritrovamenti archeologici, conferenze di servizi, e, in particolare per la Firenze-Bologna, la fase di passaggio dal progetto di massima al progetto esecutivo.
L’Autorità nella sua istruttoria scrive: i progetti esecutivi «hanno mostrato un livello carente di approfondimento: ne sono testimonianza - si legge - le problematiche di carattere archeologico che hanno caratterizzato la tratta Roma-Napoli in aree dove si sarebbero dovute svolgere più approfondite indagini preventive».
Ma i costanti aumenti sono dovuti anche a «una sorta di struttura piramidale» fatta in questo modo: Tav, general contractor (l’intermediario con le imprese, ndr) imprese conferitarie, imprese terze e o subappaltatori, eventuali sub-subappaltatori». Con la conseguenza, si sottolinea, che «su gran parte delle sub-tratte più soggetti hanno potuto trarre un utile e, in particolare, il general contractor ha potuto lucrare un extraprofitto, sfruttando la sua posizione strategica di intermediario».
Un altro errore, a parere dalla autorità, è stato quello di firmare la convenzione tra Tav e il general contractor «senza riferimento a un’adeguata progettazione» e senza porre a carico del mediatore «alcun rischio effettivo».
Sono stati rivolti chiarimenti ai diretti interessati per «porre fine alle infrazioni sopra esposte».
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