Il summit dell’azzardo

Non ho seguito la cronaca degli incontri del G8, ma sono stato attratto dalla pagina che vi ha dedicato ieri la stampa con, da un lato, la dichiarazione del nostro presidente del Consiglio, secondo cui sarebbe «necessario costruire nel mondo 1000 centrali nucleari in tempi brevi» e, dall'altro, le dichiarazioni dei potenti del Primo e del Secondo mondo, corredate da una foto di alcuni potenti del Primo mondo, che ho trovato, dichiarazioni e foto, patetici ed esilaranti allo stesso tempo.
La foto, che riprende gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, il Canada e l'Ue intenti a piantare un albero e orgogliosi di partecipare a un meeting «a emissioni zero», qualunque cosa ciò significhi, mi apparve patetica agli occhi, ma esilarante a quelli della mente: mi risultò spontaneo figurarmi quei cinque, compiuto l'obbligatorio e penoso rito, e allontanatisi i fotografi, guardarsi in faccia e sbottare in una sana, liberatoria e fragorosa risata, fino a crepapelle. Un po' come non poteva non accadere quando, tre secoli dopo Paolo di Tarso, due cittadini dell'Impero, incontrandosi, si professassero l'un l'altro civis romanus sum. Che potevano fare se non ridersi, subito dopo, in faccia?
Quanto alle dichiarazioni, eccole qua in tutta la loro trionfalistica prosopopea: «Il G8 riduce le emissioni di CO2 del 50% entro il 2050», strillano le Agenzie di stampa. Naturalmente, come vorrebbero quei potenti realizzare il fantastico proposito non è dato sapere. Tanto più che, poi, tutti in coro appassionatamente, hanno implorato un aumento di produzione di greggio. Due anni fa l'Ue sentenziò che le avrebbe ridotte del 20% entro il 2020. Deve essere l'amore per le rime spinte a indurre queste dichiarazioni. O, più semplicemente, l'esercizio dell'aritmetica, che ha fatto realizzare a quei potenti che saranno ancora tutti arzilli al 2020, un po' meno al 2050. Anche se, già da ora, qualche problema di memoria devono averlo, visto che sembrano immemori che il Protocollo di Kyoto, che prevede una riduzione di appena il 5% delle emissioni, queste, dispettose, sono aumentate di oltre il 10%. Ho invece trovato esilaranti le dichiarazioni di quelli del Secondo mondo che, paghi di rime più deboli, hanno controbattuto a quelli del Primo: «entro il 2050 dobbiamo ridurre non del 50% ma del 90%!», avrebbero orgogliosamente azzardato. Non posso farci niente e vorrete perdonarmi, ma m'è scappato da ridere di cuore: m'è sovvenuta alla mente l'immagine di un film di Totò ove il marchese De Curtis, durante la dettatura di una lettera, concluse esortando la sua spalla ad apporre, alla fine di una frase, un «punto! Anzi, no, abbondiamo: due punti!».
Siccome la Terra è non piatta e infinita ma tonda e finita, finiti sono il petrolio e il gas (di cui disporremo non oltre questo secolo) e il carbone (ben più abbondante), le riduzioni di emissioni di CO2, più che un obiettivo saranno, alla lunga, una necessità.

Che - abbiamo l'opzione - i nostri figli potranno o subire, in modo catastrofico più che doloroso, se noi piantiamo alberelli (o, il che è lo stesso, pannelli fotovoltaici e turbine eoliche), o governare senza problemi, se noi piantiamo 1000 reattori nucleari nel mondo in tempi brevi (di materia prima, uranio e torio, per la fissione nucleare ce n'è per decine di migliaia di anni). Tertium non datur, piaccia o no.
Franco Battaglia

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