Il Sumo uno sport per ciccioni? Macché, è perfetto per la forma

«Chi l’ha detto che il sumo è uno sport per ciccioni?». Fausto Gobbi, atleta e organizzatore del «Milano Sumo Open», gara internazionale che domani vivrà la seconda edizione, ci tiene in modo particolare a sottolineare che non è così. Almeno non per la variante «sportiva» della tradizionale forma di lotta giapponese, che a differenza di questa ha introdotto le categorie di peso aprendo la pratica agonistica anche alle donne.
In Italia il sumo è uno sport decisamente di nicchia e ancorato all’immaginario collettivo dei giganteschi «sumotori» (lottatori) giapponesi. Disciplina così poco nota e praticata che la palestra dove Gobbi insegna - una tensostruttura installata all’angolo tra le vie Bassini e Golgi - non è solo l’unica in tutta la Lombardia, ma praticamente di tutta la Penisola: «Ci sono altre due palestre, una a Napoli e un’altra a Pordenone, ma si tratta di un movimento destinato a crescere».
Al momento, quindi, l’unica occasione per assistere dal vivo a una gara di sumo è il Milano Open, al quale domani prenderanno parte cento atleti in rappresentanza di 15 Paesi. Le regole? Semplice: vince chi per primo riesce e far toccare terra all’avversario con qualsiasi parte del corpo o a farlo uscire dal «Dohyo», il cerchio di 4,5 metri di diametro che delimita il campo gara.
Uno sport difficile da promuovere, ma adatto a tutte le persone, di qualsiasi età e peso. «In un certo senso tutti i bambini fanno sumo - spiega Gobbi - quando istintivamente giocano a spingersi uno con l’altro. Praticarlo è semplice e divertente, si tratta di un’attività adatta a gente di ogni peso e per tutte le età. Un esempio? Da noi c’è un allievo che pesa 53 chili e ha più di sessanta anni! E poi ci sono i più piccoli: nella mia palestra i bambini che fanno judo sono “obbligati“ da me, che sono istruttore di entrambe le discipline, a “giocare“ con il sumo al termine della lezione. Devo dire la verità? Tutti preferiscono il sumo, perché ci sono meno costrizioni ed è molto più divertente».
Com’è iniziato tutto?
«Ho aperto il corso nel 2005 e al momento ho una trentina di allievi, tra cui otto donne. Purtroppo la fascia d’età che manca è quella degli adolescenti: noto che c’è molta curiosità in chi viene a vedere, ma l’ostacolo maggiore è quello psicologico, superare il concetto dello sport da “ciccioni“, che è un’immagine sbagliata. In più tutti hanno il terrore di dover indossare il Mawashi (la “cintura“ di cotone tradizionale, ndr) senza indossare niente sotto. Una paure infondata: non è certo obbligatorio mostrare il sedere».
Perché avvicinarsi al sumo?
«Perché è molto divertente da subito e prevede esercizi utilissimi per fortificare gambe e braccia.

Lo consiglierei anche alle ragazze: se invece di fare gag e acquagym provassero a venire da noi, se ne renderebbero subito conto...».
Se qualcuno volesse venire a provare?
«Le porte sono aperte a tutti! Ci alleniamo tutti i martedì pomeriggio, dalle 15 alle 17, e il giovedì sera, dalle 18 in poi. I prezzi? Popolarissimi: 30 euro al mese».

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