Casapesenna (Caserta) - «Basta, non sfondate, sono qui. Mi arrendo». La voce quasi supplichevole, non più arrogante del sanguinario boss che sembrava invincibile è quella di Michele Zagaria, numero uno dei Casalesi, latitante da 16 anni. La polizia lo ha stanato in un bunker situato a quattro metri di profondità, a Casapesenna, a pochi passi dalla villa di famiglia. Alle 3 di due notti fa, 300 poliziotti della squadra mobile di Caserta, diretta dal vicequestore Angelo Morabito (hanno collaborato i poliziotti della Criminalità organizzata della squadra mobile di Napoli) hanno cinturato un grumo di case nel centro del paese.
«In una di quelle abitazioni avevamo la certezza che ci fosse Zagaria, ‘o monaco» spiega un poliziotto. Il cerchio due ore dopo si è stretto attorno ad una sola casa di due piani, situata in via Mascagni, un budello, pulito da poterci mangiare a terra, casette basse ben tinteggiate e una supervilla in stile hollywoodiano.
Sulla casa color giallo paglierino la polizia ha puntato tutto. Alle 5 erano dentro mentre altri agenti eseguivano decine di perquisizioni in paese. Ma nella casa di Vincenzo Inquieto e della moglie i poliziotti si sono giocati la loro partita con il boss. Hanno smontato porte, finestre, serrande, sondato i muri e i pavimenti e tolto la corrente elettrica. Il nascondiglio di Zagaria partiva dal bagno. Un congegno apriva in due il pavimento. Il boss quando ha sentito i martelli pneumatici avvicinarsi alla sua testa si è arreso. «Sono qui» ha urlato. Era mezzogiorno ed è esplosa la festa dei poliziotti. Qualcuno si è commosso fino alle lacrime.
Davanti a un pm che gli ha detto «è finita», Zagaria ha risposto ironico. «È finita, ha vinto lo Stato». Poi in Questura ha rivelato: «È mancata l’areazione nel rifugio, quando avete tolto la corrente, temevo di morire soffocato». Da oggi non avrà più di questi problemi: la sua nuova casa è una cella di pochi metri in regime di 41 bis nel carcere di Novara.
Il capo dei capi, il «re del cemento», è stato spinto in un’Alfa 159 civetta. Tre auto lo precedevano, dietro, un’altra cinquantina di vetture. La lunga colonna ha attraversato, per raggiungere la questura di Caserta, tutti i luoghi simbolo di «gomorra».
Il bunker è stato ispezionato dalla Scientifica casertana. Nel locale di venti metri quadrati c’erano un Crocefisso al muro, un letto a una piazza e mezzo, qualche libro scritto da giudici anticamorra e una biografia di Steve Jobs, una mega televisione, un piccolo armadio, tre giubbotti di pelle, un bagnetto e una doccia. Per scovare il boss gli investigatori hanno sfruttato anche i mezzi militari dell’aeronautica.
Ma la svolta è arrivata quando si è scoperto che il proprietario della casa dove si nascondeva ‘o monaco aveva commissionato a un fornitore industriale un motore adeguato allo scorrimento del pavimento (che celava il bunker) sui binari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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