Il superkiller che accusa il Cav sarà pagato con i nostri soldi

Per il momento, è abbastanza economico. Essendo un semplice detenuto, infatti, Gaspare Spatuzza, l’aspirante collaboratore di giustizia che accusa il premier Silvio Berlusconi e il senatore Pdl Marcello Dell’Utri di essere gli ispiratori delle stragi del ’93, costa alla collettività semplicemente quanto un carcerato normale, alias circa 250 euro al giorno. Ma se, come chiede con insistenza la procura di Firenze, l’ex superkiller dovesse essere ammesso al programma di protezione e scarcerato, il suo mantenimento, allo Stato, costerebbe più o meno 40mila euro l’anno. Sempre che qualche suo familiare non cambi idea e decida di seguirlo - attualmente nessuno, neanche la moglie, ha voluto lasciare Palermo, tutti quanti si sono dissociati rispetto alla sua scelta di saltare il fosso e parlare con i magistrati - perché in questo caso i costi schizzerebbero alle stelle, considerato che stipendio e protezione toccano anche ai parenti.
Non male, 40mila euro l’anno, per un imbianchino che ha la quinta elementare ma può vantare, nel suo curriculum, decine di omicidi, tra cui quello di un prete, padre Pino Puglisi - gli ha dato lui il colpo di grazia alla nuca - e quelli di alcuni bambini: Caterina e Nadia Nencioni, 50 giorni e 9 anni, dilaniate a Firenze nell’esplosione di via dei Georgofili, il 27 maggio del ’93; e Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Mario Santo Di Matteo, 12 anni, rapito, strangolato e sciolto nell’acido. Già la semplice ammissione al programma di protezione farebbe subito lievitare i costi: a quelli normali legati alla detenzione si aggiungerebbe infatti uno stipendio di circa 380 euro al mese, che diventerebbero più o meno 900 euro - sempre mensili - nel caso in cui Spatuzza dovesse essere messo in libertà in considerazione del contributo dato. Novecento euro al mese soltanto come retribuzione. Sì, perché - manco a dirlo - i collaboratori di giustizia non si occupano di questioni pratiche: alla casa, infatti, ci pensa direttamente lo Stato. Con buona pace di chi fa i salti mortali per arrivare a fine mese tra affitto, bollette e spese varie.
«Non ero più in grado di far campare la famiglia, ero arrivato al punto di impegnare l’oro al Monte di Pietà», disse all’inizio della sua collaborazione uno stretto sodale di Spatuzza, Salvatore Grigoli, anche lui killer, anche lui assassino di padre Puglisi ma già, a differenza di Spatuzza, pentito riconosciuto. Insomma, quasi un lavoro, un escamotage per conquistare quello stipendio fisso che è ben difficile per chi fa un lavoro legale. E in effetti, stando agli emolumenti, quello di pentito è un vero e proprio mestiere. Con una differenza fondamentale rispetto agli altri lavori: si estende anche ai parenti, più o meno stretti, che scelgono la via della rottura. Qualche dato, per capirci. Solo nel secondo semestre del 2007 (fonte ministero dell’Interno) le spese per l’attuazione delle misure di protezione hanno raggiunto i 32 milioni e mezzo di euro, 32.461.954 per l’esattezza. Zoccolo duro di questa uscita, gli affitti e gli assegni di mantenimento per i circa 800 pentiti - tanti erano all’epoca - e per l’esercito dei loro familiari: 2763, di cui 1146 minori.
Una categoria di lavoratori, peccato che non si siano ancora organizzati in sindacato.

Proprio un sindacato, quello autonomo di Polizia, qualche anno fa, ha fatto un po’ di conti. Risultato: dai sette agli ottomila euro al mese, per il pentito e la sua famiglia, al netto delle spese legali e di quelle per le scorte.

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