Le surfiste anti Silvio che cavalcano l’«onda»

RomaSarà che in ballo c’è anche l’acqua, che l’estate incombe, che per la sinistra italiana è tradizione considerare il consenso popolare come un mare in burrasca da cavalcare per non venire travolti.
Comunque la metafora emergente dei referendum del 2011 è quella dell’onda. Quella «emotiva» un tempo era sinonimo di scelte impulsive di elettori potenzialmente pericolosi o della giustificazione ex post a politiche scadenti e becere. Oggi, complice una campagna referendaria che ha fatto scempio del merito, l’onda è stata più che sdoganata.
Si sono candidate a surfarla prima Concita De Gregorio e poi Rosi Bindi. Il direttore dell’Unità, martedì scorso a Ballarò, ha spiegato che non è un male se questo referendum sarà affrontato più di pancia che di testa. Anzi. «Se avremo la possibilità di risollevare questo Paese dalle sabbie mobili - ha spiegato - sarà sulla base di un’onda emotiva». La traduzione alla «Parla come mangi», storica rubrica del settimanale Cuore, nato come supplemento dell’Unità, sarebbe stata: Noi democratici sappiamo che i referendum sono sbagliati. Ma combinare qualche pasticcio con i servizi pubblici e la politica energetica è un prezzo equo se serve a disarcionare Berlusconi e tenere a bada i concorrenti del partito.
In discussione scelte come quella di Santoro, che ha mandato in onda immagini dei bambini colpiti dalle radiazioni di Chernobyl nel servizio sul quesito sulle centrali. E anche slogan del tipo «no alla privatizzazione dell’acqua», che sconfinano nel falso e puntano su paure ancestrali. I capi del vecchio Pci dicevano che la verità «è tale solo se è rivoluzionaria», cioè che si può dire il falso se è utile alla causa. De Gregorio rivisita la massima in chiave «emo» e spiega che «nessuna rivoluzione è mai avvenuta sulla base della razionalità. L’onda emotiva nella vita pubblica è salutare, ci aiuta a capire, poi con la razionalità possiamo governare».
Praticamente la previsione-promessa che, quando la sinistra avrà di nuovo responsabilità di governo, le sbandate municipaliste e ambientaliste saranno corrette se non annullate. Cinismo di stampo dalemiano. La sicurezza di chi prima lascia sfogare un po’ i ragazzi e poi riprende il controllo della situazione, se non fosse che il Pd, quest’onda, non l’ha voluta. L’ha solo subita. A sollevarla è stato Antonio Di Pietro. E a lui ha tutto l’interesse che si trasformi in uno tsunami, contro i democratici ancora più che contro Berlusconi.
Al Pd non resta che piazzarsi sopra la tavola sperando di non finire in acqua. Quanto sia precario l’equilibio lo si capisce dalle acrobazie di Rosi Bindi. A Ballarò aveva spiegato che il referendum non deve essere politico, che bisogna parlare di acqua, nucleare e giustizia. Ieri in un’intervista al Fatto quotidiano si è rimangiata tutto. Complice un quorum che ritiene vicino, l’esponente democratica ha scoperto le carte. I referendum interessano soprattutto per le conseguenze politiche.
Manco a dirlo, la metafora è sempre l’onda. Solo che nel caso di Bindi non è «emotiva», ma «civica». Variante un po’ più accettabile, ma la sostanza è la stessa. Il governo, i referendum, «non li può vincere, ma li può perdere». E poi, a renderli politici, è stato Berlusconi dicendo che non andrà a votare. Quindi: «È il momento giusto per rafforzare un’onda civica».
Iscrizione a pieno titolo all’esercito del surf.

Lo sport californiano è una perfetta metafora sportiva delle scelte del Pd, acrobazie spettacolari e cambiamenti di traiettoria improvvisi. Il tutto con il rischio del wipe out, che nel gergo dei surfisti significa cadere dalla tavola. Ma che, letteralmente, vuole dire anche cancellare, annientare.

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