Cronaca locale

«Il sushi? Piace perché fa bene e ha poche calorie»

Si sono dovuti associare i veri ristoranti giapponesi di Milano, tale il successo di sushi e sashimi. Cliccate in www.ristoratorigiapponesi.it e navigate alla ricerca dell’autentica cucina giapponese, che non è solo polpette di pesce e riso, ma che non può prescindere da una preparazione che ha messo in crisi i locali cinesi e arricchito la città. In principio fu Suntory, chiuso da tempo, poi l’Endo. Oggi splende Osaka, in corso Garibaldi, dove Naoko Aoki è un mix di educazione e determinazione.
Arrivata nel ’92 stregata dalla moda, sette anni dopo si sarebbe sdoppiata, avviando un locale «per permettere ai giapponesi di mangiare i ramen, i nostri spaghetti preparati nel brodo. Nelle altre capitali europee la cucina giapponese è molto più avanti, Milano era una sfida più interessante, anche se gli inizi sono stati difficili perché voi italiani preferite i vostri spaghetti e nessuno mostrava interesse per i nostri». Tempo un anno e anche lì sono arrivati i sushi. Naoko sorride: «Penso che agli italiani la nostra cucina piace perché fa bene, ha poche calorie però i primi anni la maggioranza dei clienti erano miei connazionali». Una rivelazione: «L’italiano è più gentile, ma anche conservatore. A Tokyo, Parigi, Londra, New York ci sono grandi ristoranti sia di cucina nazionale sia di tanti altri posti diversi al mondo. In Italia invece la cucina italiana è su e le altre ben più giù. Voi mangiate già bene e non vi interessa mangiare bene in altri modi. Però siete gentili, rispondete grazie a ogni piatto portato e dite per favore quando dovete chiedere qualcosa. I giapponesi invece hanno sempre fretta. Entrano e dicono “bagno!”, si siedono e chiedono “birra!” e dieci minuti dopo hanno già finito».
La concorrenza cinese è forte, anche se di basso livello. Naoko sospira: «I sushi di un cinese sono più grossi e rozzi e ti vengono serviti con il rafano accanto». L’ultimo pensiero è per l’Italia: «Da voi se un giovane cuoco ha talento può bruciare le tappe, da noi è inquadrato in schemi rigidi, deve avere pazienza e imparare anche la calligrafia. È per questo che tanti ora vogliono imparare pasticceria europea».

E non tornare più a casa.

Commenti