Ma il sushi resiste alla paura delle radiazioni

Sashimi e sushi all’atomo? No grazie. Per ora per i celebri bocconcini di riso e pesce crudo: i chichi bianchi e i filettini d'orata, branzino, capasanta, anguilla arrivano rispettivamente da California e Italia. Ma si cela una certa apprensione nei nostri ristoranti giapponesi per la pestilenza atomica che colpisce il Giappone. Alcuni ingredienti tipici della tavola nipponica, come il miso, con cui si prepara la celebre zuppa, gli spaghetti di riso o di soia, la salsa di soia, le alghe e altri intingoli vengono importati da un Paese che sta soffrendo per il morbo nucleare, condimento troppo pesante per ogni tipo di stomaco. Allora? «Per l’immediato abbiamo ascoltato il consiglio dei nostri fornitori: acquistare più merce possibile tra quella già presete nei magazzini. È ovvio che fra un pò le consegne subiranno un rallentamento, perché aumenteranno le precauzioni. A risentirne saranno soprattutto le pietanze cotte», dice Cristina del ristorante Shun in via Tunisia, uno dei più trendy di Milano.
Il clima nei locali addobbati con ikebana e fontanine rilassanti è da intigrante separè, come sempre. La clientela appassionata di un cibo con il sapore dell'oceano non rinuncia alle bacchettine in legno e all'amaro di una birra, come la Sapporo e l'Asahi, sapore, amaro e riso che hanno contaminato in bellezza molti palati, compreso quello dei gatti che a volte si vedono portare a casa la cat bag ripiena di sashimi di gambero crudo sfilettato con unica maestria dalle lame inimitabili – visto che il Giappone è leader anche nella produzione di lame e forbici - dei cuochi dagli occhi a mandorla. «Credo che preoccuparci ora sarebbe poco saggio – commenta con arte orientale Chen Jiansong –. Alla fin fine quanto arriva veramente dal Giappone è veramente poco e poi la regione che produce le materie prime per la nostra cucina è quella opposta alla costa colpita dallo tsunami».
Nel suo ristorante, il Nu-Cube in via San Gregoro, alle sette della sera le tavole sono già apparecchiate lo stile minimale che contraddistingue tutta l'estetica del Paese del Sol Levante, estetica raffinata nelle forme, nei profumi e nei gusti che hanno insegnato il concetto di essenzialità persino alla nouvelle-cousine, dove la cottura dei vegetali, ad esempio, si esegue alla giapponese. Ma giungere in una pietanza all'essenza dell'atomo forse è un po' troppo, non crede Chen? .
Non solo dal menu ma anche dal frigorifero di casa, visto che una delle qualità di questa cucina è di essere diventata una delle «tavole da asporto» più gettonate. «Ci hanno già avvisati che le esportazioni dal Giappone verranno drasticamente diminutite – confessa senza affettati orientalismi Elisa Hu del Mitsui, sempre in via San Gregorio -. Non voglio nasconderle che siamo preoccupati, perché alcuni ingredienti sono sostituibili, altri come il miso e la soia, no, e le qualità migliori vengono ancora da là. Non nascondo che dovremmo ridurre la produzione per tenere alta la qualtà del cibo che proponiamo. Fortunatamente il pesce italiano e sempre ottimo e questo basta per salvare i piatti più prelibati delle nostre proposte».


No problem. Per ora. Ma il silenzio che troviamo al My Sushi di via Felice Casati, uno dei negozi più fantasiosi per il vassoietto d'asporto, ha nel nucleo l'esplosione di un , dalla quale ci si può attendere di tutto.

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