Politica

La svolta di Bossi: «Mai più secessione»

Adalberto Signore

nostro inviato a Mezzoldo (Bergamo)

Un sorso di Coca-Cola e via, l’ennesima spipacchiata di toscano. Se la gode Umberto Bossi, che più passano i giorni da quel lontano 11 marzo del 2004 e più migliora. Non solo nei movimenti e nel fisico, ma pure nell’umore e nel tono della voce. Il comizio a passo Ca’ San Marco, il valico a 1.850 metri di altezza che divide la Val Brembana dalla Valtellina, è finito da una mezz’ora e il Senatùr si concede un po’ di relax al «Ristorante del Sole».
La Lega si prepara a una nuova stagione di lotta. E tra i militanti presenti al raduno più d’una volta s’è alzato il grido «secessione». Crede sia una strada ancora percorribile?
«“Secessione” è una parola di cui sono nemico. Prima di tutto bisogna cominciare a essere padroni a casa nostra, altro che secessione. Sbagliano quei militanti che ancora la invocano, non ci crede più nessuno. Posso capire che nel cuore di tutti c’è l’indipendenza, ma ora servono proposte ragionate, strade democratiche. Poi, se davvero lo Stato centralista continuerà a tenerci schiavi, allora rialzeremo la bandiera dell’indipendenza. Indipendenza, non secessione».
E la base più «di lotta»? Non c’è rischio che resti delusa?
«A chi pensa di conquistare qualcosa facendo casino sa cosa dico?».
Prego.
«Dico “tanti saluti”. Se ci fosse un’altra via l’avrei già battuta, ma la verità è che non c’è e con le chiacchiere non si conquista la libertà. Noi siamo democratici, mica musulmani. Le scorciatoie portano al dirupo. Io non grido “secessione”, io grido “libertà”».
Dunque si riparte da Lombardia e Veneto?
«Saranno due armi potentissime. A settembre le regioni della Cdl chiederanno allo Stato quei soldi che ci vengono rastrellati sul territorio. È per questo che a quei militanti che hanno qualche perplessità sulla nostra permanenza nell’alleanza dico di essere più cauti. Perché la Cdl e Berlusconi hanno sempre mantenuto gli impegni, hanno sempre votato tutto. Ed è con loro che si può arrivare davvero al federalismo attraverso l’azione di Lombardia e Veneto. Lo faremo applicando la Costituzione che c’è, quella voluta dalla sinistra che prevede che le Regioni possano chiedere al Parlamento più autonomia su alcune materie specifiche. Insomma, in questo momento le Regioni come istituzioni possono ottenere molti più risultati di quanti ne possa portare a casa Bossi o la Lega».
Non teme che Formigoni possa scavalcarvi? In Lega c’è più d’un malumore per quello che molti considerano un eccessivo attivismo...
«Meglio che il federalismo diventi la bandiera di tutti, vuol dire che finalmente si realizzerà. Poi gli storici scriveranno che il merito è della Lega. E la gente lo sa bene».
Oltre a Lombardia e Veneto è ipotizzabile che questa richiesta arrivi anche dalle province, per esempio da quelle del Piemonte che hanno votato sì al referendum?
«La Costituzione vigente, che è un’ottima Costituzione, prevede che lo possano fare solo le Regioni. Ma visto che Lombardia e Veneto mantengono in piedi il bilancio dello Stato, è prevedibile che poi ci sia un effetto a catena. Insomma, non credo che le altre Regioni possano permettersi di rimanere inerti senza che i cittadini a cui devono rendere conto non si facciano sentire».
Calderoli ha proposto di reinsediare il Parlamento del Nord. Che ne pensa?
«Un’ottima cosa, abbiamo bisogno di un laboratorio che rastrelli idee da tradurre poi in azione politica».
Dei tanti giovani leghisti arrivati in Parlamento c’è qualcuno che se la sta cavando meglio?
«Sono tutti bravissimi».
Qualche nome?
«Giorgetti, come sempre. O Cota, che siccome è avvocato si occupa della miriade di processi che ho a carico».
La Lega è l’unico partito che in Commissione ha scelto di astenersi sul voto della missione in Libano. Quando il decreto arriverà in Aula come vi comporterete?
«Voteremo a favore, non possiamo certo andare contro l’Onu. Eppoi bisogna cercare di mettere un po’ d’ordine in Medio Oriente perché quando ci sono le guerre scappano milioni di persone e poi ce le ritroviamo tutte qui».
Come valuta la fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo?
«Una è di Milano, l’altra di Torino. Finalmente hanno fatto una grande banca del Nord che avrà a cuore gli interessi delle nostre imprese».
Quello che aveva auspicato il Carroccio con l’Opa di Bpi su Antonveneta?
«Sono andati a finire dove noi avevamo iniziato».
Delle liberalizzazioni di Bersani cosa ne pensa?
«Mi sembra che questo governo manchi di saggezza. Ad esempio con i tassisti. Hanno in mano le città, le bloccano quando vogliono e sono andati a toccare proprio loro. E per cosa? Cosa ci guadagna la gente comune se liberalizzano le licenze?».
E le nuove iniziative fiscali di Visco?
«In un modo o nell’altro la sinistra è sempre il partito delle tasse e della poca libertà. Sono riusciti a fare incazzare tutti, se ci fossero ora le elezioni andrebbero sotto. La marcia della pace ad Assisi lo dimostra. Per la prima volta non si sono schierati contro l’intervento ma con l’Onu. E l’hanno fatto solo per tenere in piedi un governo amico. I sondaggi li hanno anche loro e sanno che uno strappo ora potrebbe essere fatale. Ma fra poco arriverà il momento di mettere mano alla Finanziaria.

E di lì non ne usciranno vivi».
Adalberto Signore

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