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La svolta di Fini? Sarà solo uno strappino

RomaFini prepara lo strappino. L’ennesimo. Il presidente della Camera lima il discorso da pronunciare domenica prossima alla festa di Mirabello. Si mormora che sarà un discorso durissimo contro Berlusconi e il Pdl ma non tanto da decretare la rottura definitiva. La lacerazione finale continua a non convenirgli. Farà sostanzialmente la vittima dicendo che è stato cacciato dal partito che ha contribuito a creare. Omettendo, ovviamente, i motivi per cui l’ufficio di presidenza del Pdl, lo scorso luglio, l’ha di fatto sfiduciato: i suoi distinguo su tutto e l’opposizione sistematica al Cavaliere fino ad arrivare alla paralisi dell’azione del governo (vedi ddl intercettazioni, ndr). Dirà che Berlusconi è un monarca, un illiberale che non ammette il dissenso. Ma senza arrivare a trarre le logiche conseguenze di andare via da un partito-regime in cui non sta più bene. Dirà che il premier è il malvagio regista delle inchieste del Giornale per far luce sulle molte ombre che lo riguardano e pretenderà che il Cavaliere ci metta il bavaglio manco fossimo il Secolo d’Italia. Omettendo, ovviamente, di spiegare i pasticci sulla casa di Montecarlo e sulle pressioni ai dirigenti Rai per favorire i suoi familiari. Quello è soltanto fango, gossip, melma. Dirà che non ha intenzione di lasciare il partito che ha contribuito a fondare (sebbene ne salutasse la gestazione come «comica», ndr), dicendosi d’accordo con tutti i punti del programma del governo. O quasi.
Manca quel famoso 5 per cento evocato da Bocchino: leggasi provvedimento per la ragionevole durata dei processi, salvagente per le aggressioni giudiziarie di cui è vittima il premier. A parole lo stesso Bocchino riconosce che «Berlusconi ha diritto a uno scudo». Nei fatti lo disintegra: «Ma la via maestra si chiama lodo Alfano da fare con una legge Costituzionale». Traduzione: un giubbotto antiproiettile quando il colpo dei giudici è già andato a segno. Fini, su questo, non ha nessuna voglia di scaricare l’unica arma che ha in mano per tenere sotto scacco il premier. Forte della sua posizione, ributta il boccino in campo berlusconiano e, come dice Bocchino: «Un armistizio? Sta nelle mani di mani di Berlusconi. Dipende tutto da lui». Intanto Fini alza il prezzo in cambio della sopravvivenza del Cavaliere e manda avanti falchi e colombe. Ieri, per esempio, è ventilata l’ipotesi di uno slittamento del collegio nazionale dei probiviri del Pdl convocato per il 16 settembre. Riunione che avrebbe dovuto discutere sul futuro dei tre «dissidenti» Bocchino, Briguglio e Granata. Un’apertura nei confronti dei finiani, derubricata da Granata a «timido segnale di distenzione». E Briguglio: «Resto del tutto indifferente». E Raisi: «Non è una questione di data, la riunione va cancellata».
Intanto un’altra colomba finiana, il senatore Mario Baldassarri, ieri s’è alzata in volo per atterrare a palazzo Grazioli: un colloquio con Berlusconi per presentare i desiderata di Futuro e libertà in materia economica: «Taglio della spesa corrente improduttiva, credito d’imposta per le imprese, misure per lo sviluppo e per la ricerca». E poi riprendere in mano quanto all’epoca bocciato da Tremonti: «Va rimesso sul tappeto il taglio dell’Irap». Baldassarri non crede al nuovo partito finiano: «In un intervista dissi che voglio farne nascere uno nuovo: sì, il Pdl però». Ottimista? «Lo sono per natura: basta metterci alle spalle il polverone d’agosto». Spiragli anche sulla giustizia: «Per me va bene a patto che la medicina del processo breve non sia troppo forte. È come l’antibiotico: se è troppo forte si rischia di far morire il paziente».
E mentre Fini, terminate le vacanze ad Ansedonia fa rientro a Montecitorio - come riferisce l’Asca - accompagnato dalla compagna Elisabetta Tulliani, tra i futuristi soft serpeggia il malumore. Portavoce è la deputata Souad Sbai: «Costituire un novo partito sarebbe più che un errore: non è quello che ci è stato detto all’inizio quando abbiamo costituito il gruppo».

Ma soprattutto: «Io voterò tutto quello che propone il governo fino all’ultimo giorno di legislatura e non sono l’unica nel gruppo, con me ci sono anche Giuseppe Consolo e Catia Polidori, questo lo sa anche Fini». E pure sul processo breve si smarca dai falchi: «Sono per la discussione e non per i ricatti. Che facciamo? L’opposizione all’interno della maggioranza?».

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