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La svolta a Kinshasa taxi rosa per donne guidati dalle donne

L'idea di Patricia Nzolantina ha preso piede conquistando un grande mercato. Oggi ha un piccolo impero ma ora sogna di cambiare l'Africa

La svolta a Kinshasa taxi rosa per donne guidati dalle donne

Su Boulevard du 30-Juin, nel cuore di Kinshasa, guidatori e pedoni si girano e si danno di gomito, seguendo la Nissan rosa e grigia che si immerge tra moto e taxi gialli nel traffico caotico della città. Betty, l'autista, non passa di certo inosservata con la sua uniforme di un rosa acceso, scivolando abilmente tra gli ingorghi e regalando sorrisi ai curiosi. La prima fermata è ai piedi di un edificio del centro. Christelle sale a bordo e prende la bibita fresca che Betty le consegna prima di ripartire verso gli uffici del ministero. «Ti ammiro tanto», esclama il passeggero, che avrebbe paura di guidare nella capitale della Repubblica Democratica del Congo, ma che ora pensa come non sia più impossibile spostarsi in auto.

In questo paese, dove la guida è ancora un lavoro da uomini, UbizCabs è stata lanciata nel 2019 con l'intenzione di fornire un servizio taxi al 100% femminile e al top della gamma. Betty, con un diploma da segretaria d'azienda, non riusciva a trovare lavoro e si annoiava a casa, fino a quando ha deciso di rispondere a un annuncio online che selezionava autisti donne. «Mia madre ha avuto difficoltà ad accettare questo nuovo lavoro, ma si sta abituando», dice Betty, che ha sempre amato guidare e che si diverte a viaggiare per la città sei giorni a settimana nel suo taxi rosa. UbizCabs offre shopping di lusso con bevande, wi-fi e ordini su un'applicazione mobile. La tariffa è di 15 dollari (13,50 euro), un prezzo elevato per Kinshasa, ma gli stipendi degli autisti sono ben al di sopra della media congolese di 300 dollari al mese. Perché è prima di tutto e soprattutto per le donne che Patricia Nzolantina, 34 anni, nata a Kinshasa, ma cittadina del mondo, ha creato UbizCabs. Il capo della società riceve nei locali dell'azienda, dietro un grande cancello rosa. Su tre piani, i nuovissimi uffici sono colorati e ariosi. Ritratti di donne d'affari africane adornano le pareti con messaggi ispiratori in inglese. Lo spirito dei locali ricorda una start-up, ma Patricia non è certo una neofita nel mondo manageriale. Dopo gli studi a Kinshasa, Stanford e Harvard, la donna che si definisce «un prodotto africano con puro infuso di spirito americano» è una manager che ha attraversato il Rubicone con la sua prima società di marketing nel 2009. Da allora, ha strutturato l'attività in una holding, Bizzoly, le cui eccellenze vanno dall'incubazione di start-up per le donne, all'editoria di riviste e alla produzione di acqua minerale. Il suo principio guida è sempre lo stesso: creare posti di lavoro e dare potere alle donne congolesi. Inoltre, a ogni dipendente Ubizcabs vengono forniti un conto bancario e una carta di credito per incoraggiarle a emanciparsi e a gestire il proprio reddito come meglio credono.

Nonostante il suo successo, Patricia si rifiuta di ridurre UbizCabs a un colpo di fortuna. «L'imprenditorialità non è tutto glamour. Non mi fermo mai un istante. Niente è stato facile, soprattutto perché le banche non hanno creduto in me all'inizio», si lamenta. Per passare da venticinque a cento veicoli, e per distribuire taxi in altre grandi città congolesi, UbizCabs ha sperimentato nuove soluzioni, portando avanti raccolte di fondi con investitori stranieri, arrivando a raggranellare quasi 30 milioni di dollari. «Se continuo sulla mia strada, quando Uber verrà a stabilirsi in Congo, non avrà altra scelta che negoziare con me», spiega con piglio fiducioso. Se Patricia manifesta ottimismo, è perché il suo servizio taxi funziona senza sosta, 24 ore al giorno, sette giorni su sette. I proventi l'hanno addirittura incoraggiata a lanciare una serie di scuole guida, naturalmente al femminile. È una strategia per fornire UbizCabs, ma anche aziende partner che contribuiscono finanziariamente ai corsi di formazione. «Abbiamo imparato a rimanere calme se una cliente è maleducata e ci dà sui nervi. Non finiamo appositamente in una buca per pareggiare i conti. Sappiamo che ci sono ancora molti pregiudizi sul ruolo della donna al volante, soprattutto qui in Africa. Ecco perché i nostri corsi non riguardano soltanto la guida sicura, ma anche l'approccio psicologico con le clienti», ammette sorridendo Ruddy Kielo, una delle responsabili delle scuole guida. L'ex Zaire si sta rigenerando dagli anni della feroce dittatura di Mobutu e dal nepotismo della famiglia Kabila. La situazione politica oggi è discretamente stabile, se si escludono i conflitti locali nella regione del Kivu e dell'Ituri, e il presidente Félix Tshisekedi ha inaugurato un nuovo corso di politica estera incentrato sulla integrazione etnica ed economica regionale e sulle alleanze con Stati Uniti e Francia.

Nel giardino, Patricia Nzolantima supervisiona un servizio fotografico per promuovere l'ultimo progetto della sua azienda: le consegne a domicilio su due ruote. Lo fa mettendo le giovani donne intorno alle motociclette rosa, aggiustando gli zaini di consegna timbrati «Ubizdelivery». Nel gruppo, il senso dell'umorismo è all'ordine del giorno. «A volte sono dura con le ragazze - ammette - perché so che bisogna essere forti, fare molti sacrifici. Ho messo la mia vita personale in attesa, e ho dovuto lasciar perdere tutto molte volte. Ma nel profondo, oggi, non rimpiango nulla quando vedo quello che ho realizzato, e il numero di famiglie che vivono grazie a me». Mentre l'arrivo della pandemia di coronavirus ha rallentato alcuni progetti di Patricia, come la consegna di nuovi veicoli, la donna d'affari continua a progettare idee per il futuro. E intende far arrivare il suo messaggio agli investitori: «Se avessi 300 milioni di dollari, potrei cambiare l'immagine dell'Africa, e forse addirittura l'economia del nostro continente. Sono comunque soddisfatta. A queste latitudini, fino a pochi anni fa, una donna imprenditore non avrebbe mai avuto credibilità.

Oggi invece siamo a buon punto e possiamo dimostrare al mondo occidentale che le alternative ai barconi, volendo, non mancano».

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