La svolta radicale dello Sdi fa a pezzi l’Unione

Gianni Baget Bozzo

La fine dell’Unione dovuta alla introduzione del sistema proporzionale produce le sue conseguenze. Con il maggioritario, il simbolo dell’Unione sarebbe comparso in tutti i collegi maggioritari ed avrebbe costituito il vero punto centrale dell’alleanza. Gli elettorati dei diversi partiti avrebbero dovuto fondersi nel voto, mostrando di preferire la vittoria della coalizione alle proprie convinzioni politiche. Le primarie erano state decise come risposta alla scelta della Margherita di mantenere il proprio simbolo nella quota proporzionale e per costituire quindi un elettorato unitario prima delle elezioni politiche. Le stesse candidature alternative a Prodi, da Bertinotti a Mastella, erano un modo per invogliare militanti e simpatizzanti di diversi partiti a convergere, in nome della loro differenza, nella unità attorno a Prodi. Questa operazione è riuscita, ma le primarie, dopo la riforma del sistema elettorale, sono l’ultima occasione della manifestazione di una convergenza unitaria a livello di base.
I singoli partiti debbono ora presentarsi con la loro identità; e ciò è divenuto un evento esplosivo in quella intesa elettorale tra socialisti e radicali che si era realizzata prima della introduzione del proporzionale. Sembrava una via di ingresso dei radicali dell’Unione per una porta di servizio, quasi nascosti dalla sigla socialista. Il nuovo Psi con Bobo Craxi aveva scelto quella strada e anche il nuovo Psi di De Michelis inclinava in quella direzione. Pannella poteva dire di aver svolto il compito attribuitogli da Bettino Craxi: ricondurre insieme tutti gli spezzoni socialisti e di averlo fatto attorno alla mediazione radicale. I socialisti di Boselli potevano così staccarsi dalla identità socialista tradizionale, quella legata all’Internazionale socialista e quindi anche al Ds e produrre una identità nuova che li poneva fuori anche dall’eredità craxiana, pur realizzando quell’unità tra socialisti e radicali che era stata cara al leader socialista scomparso.
Lo Sdi otteneva dunque una figura ad un tempo tradizionale ed eretica, assorbiva come identità socialista le lotte radicali e diveniva così apertamente il partito laicista italiano, definito nel suo programma dalla lotta alla influenza politica della Chiesa sino a chiedere l’abolizione del concordato. Certo, da Craxi a Zapatero, anche se il leader socialista non aveva chiesto l’abolizione del concordato che legava la Spagna alla Santa Sede. Pannella otteneva quello che aveva cercato, il reingresso, e per la porta maggiore, nel Parlamento italiano, trasformando il Partito radicale in Partito dei radicali italiani. Con ciò Boselli usciva formalmente dal programma dell’Unione, ma questo poco gli importava, ormai egli poteva puntare sulla acquisizione dei voti radicali e persino sul consenso che nelle presenti congiunture, un partito formalmente laicista può ottenere dei voti persino a destra. D'altro lato, egli ha potuto avvantaggiarsi della mano tesa di Bertinotti che pure fedele all’Unione, non giunge a chiedere l’abolizione del concordato.
Così la svolta radicale dello Sdi mostra che l’Unione non esiste più e la durezza della polemica di Boselli contro Rutelli indica che la battaglia elettorale è aperta all’interno dell’Unione su un tema significativo come la questione cattolica e quella laica. Il simbolo del nuovo partito diviene la rosa in pugno radicale, Rutelli viene accusato di trasformismo: da radicale a cattolico e da cattolico a democristiano. La fine dell’Unione ha aperto la polemica sulla questione decisiva del rapporto tra cattolici e laici, rendendo vuota di significato la posizione di Prodi come sintesi personale delle questioni.

Questo è solo l’inizio della decomposizione della coalizione di centrosinistra, ormai priva di un linguaggio politico unitario. Tanto poté il cambio del sistema elettorale, ma certo non da solo: fu soltanto il detonatore che rese possibile l’emergere delle differenze nascoste.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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