Con Sylos Labini il mito di Balbo entra nel futuro

Si erano purtroppo spenti da tempo i riflettori sulle grandi imprese aviatorie di Italo Balbo, concluse in quel tragico destino che con indifferibile scadenza si accompagna come una sorta di atavica maledizione alla vita esemplare degli eroi romantici. Una connotazione, quest’ultima, che non sarebbe piaciuta al Quadrumviro dell’Aria sempre ansioso di staccarsi dal suolo per correre non solo la libera avventura dell’esplorazione del cosmo ma sempre teso, nel nobile scopo di accorciare le distanze e propagare l’amicizia dei popoli, a controllare prima dalle nubi e poi sulla crosta terrestre le condizioni di vita degli umili per potenziarne le qualità e il prestigio in vista di una nuova imminente «grande Italia». Ma adesso, per fortuna, l’associazione culturale Disco-Teatro che, grazie a Edoardo Sylos Labini, persegue da tempo l’ambiziosa sfida di ricreare a vista con gli strumenti di cui oggi disponiamo le grandi figure degli italiani che, dal Risorgimento in poi, hanno onorato la storia del Paese, provvede a colmare questa inesplicabile lacuna. Nel nuovo éssai - presentato alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano - a mezza via tra il ricorso documentario e la commossa rievocazione storica, Italo Balbo cavaliere del cielo, presenta con lucida intelligenza, in una sintesi solo in apparenza di sapore didascalico, la complessa avventura umana del grande navigatore degli spazi. A cominciare dalla drammatica notizia della fine che, il 28 giugno 1940, commosse tutti gli italiani quando il suo aereo fu abbattuto per errore dalla nostra contraerea nei cieli di Tobruk. Affrontando a ritroso la parabola di un uomo volitivo e geniale che, dalle file socialiste all’esaltazione dell’Impero, non si negò nessun incarico che giudicasse incompatibile con la crescita umana e culturale di un popolo, Sylos Labini evoca il celebre volo su Rio de Janeiro che, nel’30, lo consacrò tra i massimi trasvolatori viventi. Grazie all’apporto dei cinegiornali d’epoca e dei suadenti ritmi sudamericani che una cantante di splendida presenza e squisita musicalità come Saba Anglana ci restituisce sull’onda del ricordo, lo spettacolo si snoda come un inarrestabile work in progress culminando nella trionfale accoglienza riservata a Balbo da New York quando, dopo l’ennesimo traguardo transoceanico, non solo Roosevelt lo accolse alla Casa Bianca ma i Sioux lo consacrarono Capo Aquila Volante. Non trascurando tra l’altro il prezioso apporto della registrazione telefonica tra Balbo e De Bono nella quale l’eroe dell’aria esprimeva l’acuta insofferenza di essere stato esiliato in Libia per non appannare, con la sua popolarità, il pubblico prestigio del Duce. In questo spettacolo, che si segnala per la coerenza dell’impianto ben lontano dai consueti ralenti che inficiano il cosiddetto teatro politico, il lato spettacolare è assicurato in un audace scorcio prospettico addirittura dalle tastiere manovrate a vista da tecnici e interpreti. Che tramutano i più semplici oggetti d’uso in materiali che integrano il quadro scenico in senso dinamico e spaziale.

In uno show di grande incidenza emotiva da ricordare sia per la presenza carismatica di Sylos Labini che sfugge al rischio di tramutare Balbo in un’icona grazie a una profonda immedesimazione nel tormento e l’insidia del personaggio, sia per l’afflato che lo permea da cima a fondo di una passione civile che s’incontra di rado nel teatro che ricrea a vista la storia rendendola nostra contemporanea.

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