Tabù infranto Finalmente un po’ di fegato!

Non sembra vero. La lirica fuori dalla Scala! Che è come dire la lirica alla portata di tutti o, quantomeno, dei più. Sì, perché, a furia di tenerlo imbrigliato nei «templi che contano», il «bel canto», da italianissima tradizione popolare che era e che è sempre stato, è diventato un affare di «nicchia», termine che solo a sentirlo fa venire il mal di pancia. Dunque, grazie all’iniziativa di un produttore privatissimo, che - piccolo particolare - non fa uscire una lira dalle tasche dei cittadini contribuenti, si è verificato a Milano un nuovo miracolo. Un miracolo evidentemente atteso dai milanesi, se la programmazione di opere al Teatro Derby, giunta con Rigoletto al quarto appuntamento, fa registrare puntualmente il tutto esaurito. Contento come un bambino è il regista Maurizio Colombi, che ha affrontato la scommessa insieme con Felice Latronico e gli altri collaboratori, e dice: «Siamo davvero soddisfatti. Il nostro pubblico è fatto di gente normale, molti giovani, appassionati al genere, ma non solo. Non sono pochi quelli che vengono all’opera per la prima volta. E poi, in questo modo, diamo l’opportunità di lavorare a molti cantanti che altrimenti starebbero a casa». Ci viene in mente quando - era la metà degli anni ’90 - Luigi Corbani, fresco fondatore dell’Orchestra Verdi, lanciò l’idea di destinare il Teatro Lirico a «casa» della lirica «popolare», quella dei vari Rossini, Verdi, Donizetti, Bellini, Mascagni, eccetera eccetera... Apriti cielo: manco avesse detto di dar da mangiare fieno e crusca ai bambini. Eppure aveva ragione lui, visto che quando approda alla Scala il Barbiere di Siviglia, sembra che arrivino i marziani sulla terra, tanto l’evento suscita scalpore. Bene, noi non siamo affetti dalla sindrome del «delitto di lesa maestà».

Ci preme solo dare una mano a quelli che cercano di rispondere alla «fame» di cultura che pervade la città e che - spesso - non trova adeguata risposta. Nella convinzione che, per fare l’Opera (certamente: quella con la «O» maiuscola) non si debbano per forza spendere vagonate di euro. Né, per andarci, infilarsi necessariamente il frac.

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