I n Filiale, atteso per lautunno, Dovlatov affronta un tema, lamore, piuttosto inconsueto per lui che solitamente racconta un mondo maschile, di sbornie, battutacce, progetti deliranti, amicizie cameratesche e sgangherate derive... Ricostruisce gli anni in cui si innamorò della bellissima Tasja (Asja Pekurovskaja), gli anni della bohème pietroburghese, quelli del primo infelice amore e matrimonio (mai formalizzato e solo di fatto), dei samizdat letti nelle case private, un periodo più libero e felice di quanto si potesse pensare in Occidente, love pains a parte.
Il libro parte da un incontro che Dovlatov ebbe con Tasja/ Asja (diminutivo di Anastasja) in America, durante un congresso, e del fantasma damore e di dolore che lo aveva seguito oltre Oceano. Anche la Pekurovskaja era emigrata negli Stati Uniti e insegnava lessicografia a Stanford, «cosa che suscita parecchie perplessità sulle scienze americane» scrive Dovlatov in La valigia. Asja è ancora viva e non ha gradito il ritratto, come al solito impietoso e umoristico, che ne ha fatto Dovlatov. E ha risposto con un libro, edito in Russia: Quando capitò di cantare a S. D. e me. «A tal punto ha cercato di diffamarlo da rinvangarne gaffe da corridoio, errori ortografici nei suoi bigliettini, mediocrità sessuali e così via» dice Laura Salomon che dedica alla polemica la postfazione di Filiale. Inoltre Asja attribuisce a Dovlatov la paternità della figlia Masha, da lui mai riconosciuta.
Secondo la Salmon, Asja non può sopportare che Dovlatov, scrivendo Filiale e risposandosi, si fosse emancipato dalla sua «sirenica» fascinazione («E allimprovviso questa storia. Non desidero volerti. O meglio, non voglio desiderarti. Ricordati che mi ha rovinato la vita» dice lui). E soprattutto che fosse diventato famoso. Anche lei cerca un po di celebrità alla sua ombra e questo è lo scopo di Quando capitò di cantare a S. D. e me, secondo la Salmon «un libro brutto e rancoroso». In seconde nozze lo scrittore sposò Lena, da cui ebbe una figlia e che seguì a New York, passando per Vienna. Racconta Laura Salmon che, come altri expat sovietici dellepoca, Dovlatov sarebbe dovuto passare per Roma: «Ma la madre, che viaggiava con lui, preferì dirottarlo su Vienna perché in Italia il vino costava troppo poco».
Per i Dovlatov-dipendenti - che in Italia sono molti a iniziare dalla scrittrice Camilla Baresani - la slavista italiana sta inoltre traducendo i Taccuini, Solo per Underwood e Solo per Ibm, che risalgono rispettivamente al periodo sovietico e a quello americano e verranno pubblicati da Sellerio.
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