Tace anche l’«impresentabile» Bertinotti

Il presidente della Camera, accusato di essere ostile alle aziende, replica: sono ospite, non parlo

Tace anche l’«impresentabile» Bertinotti

da Roma

Le imprese devono rivendicare il merito della crescita, soprattutto «quando figure di primissimo piano delle istituzioni si spingono a dipingere come “impresentabile” il capitalismo italiano, senza che si alzi una sola voce dal mondo della politica a smentire questa autentica falsità».
Le parole di Montezemolo fanno male come pietre. Accusato pubblicamente dal leader degli imprenditori, il volto del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, si è subito corrucciato. E all’uscita dall’assemblea di Confindustria non ha voluto commentare. «Gli ospiti hanno la consegna del silenzio», ha detto. Qualche ora più tardi in quel di Firenze il risentimento non s’era placato. «Non commento. Ci vorrebbe un discorso molto impegnativo che faremo a suo tempo», ha tagliato corto.
Ma perché Luca Cordero di Montezemolo ha stigmatizzato la «tentazione di prendersela con l’impresa» e l’«ostilità di alcuni settori della politica»? Bisogna tornare indietro al 18 aprile scorso quando in piena bagarre Telecom la sinistra radicale demonizzava la cordata At&t/América Móvil. «La vicenda Telecom ci dice quanto il capitalismo italiano sia devastato. Il capitalismo italiano è a un limite di impresentabilità», disse all’epoca Bertinotti. Scatenando subito la reazione di Confindustria. Con una nota delle presidenza di viale dell’Astronomia si denunciò nuovamente «il clima anti-impresa» contestando il gradimento della politica per il «capitalismo di Stato che ha ridotto Alitalia nelle attuali condizioni».
«Confindustria è forse stata un po’ troppo frettolosa», si difese Bertinotti. Poi qualche puntura di spillo e niente più. Fino a ieri quando il fuoco che covava sotto la cenere è tornato a divampare. D’altronde, tra industriali e neocomunisti non c’è molta simpatia. Lo stesso ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha difeso il suo ex leader. «Condivido le valutazioni che fece il presidente della Camera», ha commentato prendendo che «per tre quarti quello di Montezemolo è stato un discorso da leader di partito».
Ancor più caustico il capogruppo di Rifondazione alla Camera, Gennaro Migliore. «Se Montezemolo fosse ancora presidente di un’associazione di industriali, polemizzerei con lui. Dal momento che pare candidarsi alla presidenza di un qualche raggruppamento politico, lo ignoro». Non più un imprenditore, ma un «nemico» politico con il quale è impossibile dialogare.
E che tutto si possa racchiudere nella logica schmittiana dell’«amico/nemico» lo ha confermato pure il presidente dei senatori del Prc, Giovanni Russo Spena.

«Montezemolo - ha rilevato - è in collegamento diretto con quello che Liberazione ha definito il partito del Corriere: sistema imprese e tecnocrazia promossi a pieni voti, sinistra e sindacati bocciati». Ma questi concetti Bertinotti non può esternarli sebbene ieri abbia ribadito che i «tecnici» come Montezemolo possono governare. «Basta che prendano i voti del popolo».

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