Tangenti a Palazzo Marino, Pennisi patteggia

È il primo punto fermo nell’inchiesta sulle tangenti in Comune. Milko Pennisi, ex consigliere comunale del Pdl e presidente della commissione edilizia di Palazzo Marino, ha chiesto di patteggiare. E ha ottenuto il parere favorevole della Procura. L’accordo tra i legali del politico e i pubblici ministeri Laura Pedio, Grazia Pradella e Tiziana Siciliano - titolari del fascicolo - è stato raggiunto ieri. Per Pennisi i pm chiederanno una condanna a 2 anni e dieci mesi di reclusione, per l’accusa di concussione. Nelle prossime settimane, a fissare l’udienza relativa alla richiesta di patteggiamento sarà il giudice per le indagini preliminari Simone Luerti. Fino ad allora, però, l’ex consigliere resterà a San Vittore, dove si trova dallo scorso 11 febbraio.
La Procura, infatti, ha dato parere negativo sulla concessione degli arresti domiciliari, fino a quando il gip non deciderà sulla congruità della pena concordata tra le parti. Ancora da definire, invece, l’entità del risarcimento che Pennisi dovrà versare, ma che dovrebbe attestarsi tra i 10 e i 15mila euro. Per il politico, ad ogni modo, l’imbarazzante vicenda della mazzetta intascata a pochi passi dal suo ufficio si avvia alla conclusione. Solo quella, però. Perché, definiti i contorni del passaggio di denaro in contanti versati dall’imprenditore Mario Basso in cambio di una scorciatoia per una pratica bloccata da tempo in commissione urbanistica, gli inquirenti continuano a lavorare sull’ipotesi che quella tangente non fosse l’unica. I movimenti di denaro sui conti correnti di Pennisi, infatti, non convincono del tutto magistrati e investigatori. E nemmeno convince la spiegazione data dall’ex consigliere, secondo cui quel denaro arriverebbe dal padre (che in diverse occasioni avrebbe contribuito al sostentamento del figlio) e dai vari gettoni di presenza garantiti dai suoi incarichi a Palazzo Marino e alla fondazione Le Stelline. Interrogato sul punto Pennisi ha spiegato ai pm che quel denaro (a colpi di 1.500, 3.000 e 4.500 euro emersi dalle indagini bancarie della guardia di finanza) è quello dei «versamenti di mio padre a partire dal 2007, quando è nata mia figlia. Prima di allora nessun versamento in contanti». I magistrati, però, gli hanno fatto notare che i movimenti di denaro partono dal 2005. «Non ne ricordo l’origine», è stata la replica dell’ex consigliere. Insomma, Pennisi ha assicurato che quella ricevuta da Basso - 10mila euro in due tranche nascosti in un pacchetto di sigarette - è stata la prima e unica tangente incassata.

E su quella mazzetta la Procura - che in mano ha anche i video nei quali il politico è immortalato mentre intasca la mazzetta - è arrivata a una rapida conclusione delle indagini. Restano aperte, però, le verifiche su altre pratiche edilizie ritenute sospette, sui versamenti in contanti scoperti sui conti di Pennisi e sulla sua attività di presidente della commissione urbanistica alle Stelline.

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