«Tanta fretta, zero controlli e la casta ci ha guadagnato»

L’ex presidente dell’Osservatorio sul patrimonio degli enti: ecco gli errori

da Roma

Gualtiero Tamburini, presidente di Assoimmobiliare e di Nomisma, lei criticò le procedure di dismissione già alla fine degli anni ’90 quando era presidente dell’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali.
«La legge prevedeva che gli immobili si vendessero agli inquilini con 30% di sconto a meno che non si trattasse di immobili di pregio. Ma la legge non stabiliva quando si dovesse fare la valutazione dei singoli immobili e così si è venduto dopo che la valutazione era stata fatta già da molto tempo. Da questo dipendono le discrepanze tra prezzo di vendita e valore di mercato degli immobili».
Come si sarebbe dovuto procedere allora?
«Si sarebbero dovute fare le valutazioni in tempo reale rispetto alla vendita. Gli immobili sono stati valutati ai tempi delle cartolarizzazioni effettuate tra il 2001 e il 2002 e sono stati ceduti a qualche anno di distanza. Basta prendere le statistiche di Nomisma che rivelano come tra il 1998 e il 2005 i prezzi siano aumentati del 90% per comprendere come molte case siano state vendute praticamente a metà prezzo se non con un ulteriore sconto del 30%».
E i controlli?
«Finche c’è stato l’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali c’è sempre stato un controllo. Poi...».
Ma le società che hanno acquisito gli immobili dovevano rispettare dei protocolli.
«In quegli anni si è dato corso a una vendita demagogica. Si sono fatte assegnazioni a chi aveva un contratto in tasca. Parliamo di 50-60mila immobili affittati e venduti a prezzi scontati. C’era la necessità di vendere e il legislatore non è andato tanto per il sottile».
Quali sono stati i riflessi sul mercato immobiliare?
«L’offerta aggiuntiva a prezzo calmierato avrebbe dovuto tenere basso il mercato ma è stata rivolta solo ad alcune categorie. E poi si è trattato di 100mila case vendute in 5-6 anni a fronte di un mercato italiano caratterizzato da 7-800mila compravendite all’anno».
Chi ci ha guadagnato?
«Le società-veicolo delle cartolarizzazioni anticipano agli enti solo una parte del valore degli immobili e, una volta effettuata la dismissione e detratte le spese, versano ciò che resta. Le spese non sono mai state basse e gli enti previdenziali non hanno fatto un affare visti i molti contenziosi. Il beneficio è andato a chi aveva un contratto con gli enti. Lo Stato ci ha rimesso e ci ha guadagnato la casta».
I fondi immobiliari previsti dal decreto di dismissione avrebbero potuto rappresentare una valida alternativa?
«Un fondo al quale conferire gli immobili da vendere sarebbe stato più efficiente. Ad esempio, il Fondo Alpha, al quale sono stati apportati immobili commerciali Inpdap (gestito da Capitalia, ndr), ha fruttato un discreto incasso all’ente e ora potrebbe pure essere soggetto a un’Opa. E soprattutto si tratta di un istituto di diritto italiano e non di diritto olandese come i veicoli delle cartolarizzazioni».


Perché non si è scelta questa via, secondo lei?
«Le società pubbliche fecero resistenza perché quando togli loro gli immobili togli loro il potere. La strada maestra è affidarsi al mercato attraverso società che abbiano come obiettivo la valorizzazione degli immobili».

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