«Tanti auguri», e lo uccide a colpi di pistola

Come in un film, si para davanti al rivale, gli sibila in faccia un beffardo «Tanti auguri» quindi sfila una pistola dalla cintola e spara otto colpi di calibro 9 in rapida successione. E mentre Massimo Blancato si affloscia a terra, il «giustiziere», un trentenne italiano con svariati precedenti penali, gira sui tacchi, si infila in un’utilitaria e sparisce nella fredda alba milanese. Per confessare poi nel tardo pomeriggio: catturato in poche ore dagli agenti della squadra mobile, grazie ai racconti dei testimoni, e interrogato dal pm Giulio Benedetti e dal dirigente della mobile, Francesco Messina. Vittima e carnefice, quindi, si conoscevano, forse spaccio di droga all’origine del delitto. L’uomo è stato quindi fermato con l’accusa di omicidio volontario e altri reati tra cui il porto abusivo di armi.
L’aggressione inizia all’interno del De Sade, nota discoteca di via Valtellina, dove la vittima era arrivata sabato sera a tarda ora insieme alla sua ex fidanzata, alla sua nuova ragazza e a un amico. Blancato, 34 anni, è un piccolo balordo di periferia, vive a Bresso in via Grandi con il padre. La sua «carriera» inizia nel 2002 con un furto, poi è un rapido susseguirsi di rapine, ricettazioni, lesioni, persino un sequestro di persona, collezionando otto arresti e altrettante condanne. Uscito nel 2006 per indulto, trova la sua «strada» nel mondo della malavita iniziando a spacciare droga. Mica grandi traffici, qualche bustina venduta in strada. Magari tirandone più di quanta ne venda.
L’altra notte dunque si trova al De Sade e intorno alle 5 viene raggiunto dal suo assassino che, evidentemente sapendo dove trovarlo, gli va incontro, lo affronta e, quasi senza parlare, inizia a schiaffeggiarlo. Prima che Blancato possa reagire gli addetti alla sicurezza lo separano dal rivale, lo portano in bagno e quindi lo invitano a lasciare il locale. L’uomo si ritrova sul marciapiede di via Piazzi insieme agli amici, appena il tempo di chiedersi come finire la nottata che ricompare l’aggressore. «Tanti auguri» e giù una raffica di colpi: quattro alle gambe e tre all’addome. Dalla dinamica degli eventi, prima l’aggressione poi l’esecuzione davanti a decine di testimoni, più che un delitto premeditato sembra un «avvertimento» poi degenerato. L’assassino infatti centra prima le gambe e poi addome, come se avesse volutamente mirato basso e poi l’agitazione, magari dovuta alla cocaina, o l’arma che si alza per il rinculo oppure il ferito che si abbassa, gli fanno colpire anche un punto vitale.
Mentre il killer si allontana viene dato l’allarme e dopo pochi istanti sul posto c’è il 118, ma i medici trovano ormai un cadavere, e gli agenti delle volanti e della squadra mobile. Viene soccorsa invece una delle ragazze, Laura M., 21 anni, ferita a un polpaccio da una scheggia, medicata a Niguarda e dimessa.


I primi accertamenti mettono a fuoco la personalità della vittima, un pesce piccolo nel giro dello spaccio, il che lascia pensare a un regolamento di conti. Per una partita non pagata, per un «pacco» rifilato a un socio o chissà cos’altro.

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