«Avete presente le foto di Calisto Tanzi del mese scorso, quando dopo molto tempo uscì dal carcere per un’udienza? Facevano impressione, vero? Beh, se vedeste come è ridotto oggi Tanzi, quelle foto sembrano il ritratto della salute». Così Gian Piero Biancolella, uno dei legali del fondatore di Parmalat, descrive le condizioni del suo assistito.
Da ieri, e per la quinta volta consecutiva, Tanzi è stato trasferito dal carcere all’ospedale. Gli hanno infilato un sondino naso-gastrico per l’alimentazione forzata e lo hanno sottoposto ad una serie di esami. «Tanzi è gravissimo», dicono le prime notizie di agenzia. In realtà Tanzi non sta per morire. Ha diversi acciacchi, anche pesanti: in luglio (ma lo si scopre solo oggi) è stato operato al cuore; porta le conseguenze di una ischemia; soffre di calcoli; e altro. Ma la vera malattia di cui soffre è la depressione. Chiuso in carcere, gravato da una condanna interminabile - e altre ne devono ancora arrivare - Tanzi si sta semplicemente lasciando andare. Non mangia praticamente più. Questo, più dei calcoli renali, che rischia di portarlo alla fossa.
Se questo sia giusto o ingiusto è tema, come è naturale, da diversità di vedute. Di sicuro, Tanzi nella sua carriera di imprenditore-criminale, e nemmeno nei suoi comportamenti da imputato, ha fatto poco o nulla perché oggi la sua sorte possa impietosire il pubblico. E infatti per il tribunale di sorveglianza di Bologna la sua collocazione naturale è il carcere: la norma che prevede che i detenuti over 70 possano scontare la pena agli arresti domiciliari (Tanzi è nato nel novembre 1938) lascia, secondo i giudici, ampio spazio di discrezionalità, e nel caso del Cavaliere di Collecchio non c’è nessun buon motivo per concedere il beneficio. In particolare il giudice Nadia Buttelli, che ha la competenza diretta sul carcere di Parma, dove è rinchiuso Tanzi, si è battuta sin dall’inizio perché non venissero risparmiati i rigori del carcere al protagonista del peggior crac della storia industriale italiana.
Paradossalmente, solo i malanni di salute possono evitare a Tanzi di morire in carcere. Finora le condanne a suo carico superano i trentacinque anni di carcere; quando tutte le pene diverranno definitive, probabilmente le difese riusciranno a ridurle a un forfait di una ventina d’anni; ma per un uomo di quella età è una condanna che somiglia comunque all’ergastolo. É ben vero che in altri paesi civilizzati, le pene inflitte per reati come quelli commessi da Tanzi si computano non i decenni ma in secoli di carcere. «Ma se guardiamo a quanto avviene normalmente in Italia - dice Fabio Belloni, un altro dei difensori - è chiaro che il trattamento che viene riservato a Tanzi è una anomalìa. Siamo di fronte ad un accanimento che non tiene in alcun conto le condizioni di salute del condannato». Replicano dall’ospedale, secondo l’agenzia Ansa: «Le condizioni di Tanzi non destano particolari preoccupazioni».
Il prossimo 6 marzo, il tribunale di sorveglianza bolognese dovrà nuovamente esprimersi sulla istanza di arresti domiciliari avanzata dai difensori dell’imprenditore. La Cassazione ha infatti annullato l’ordinanza con cui era stata rifiutata la scarcerazione di Tanzi e che non aveva tenuto in sufficiente considerazione lo stato clinico del detenuto. Il tribunale dovrà quindi valutare di nuovo la richiesta, e stavolta soppesando anche i pareri medici.
Saranno sufficienti a convincere i giudici? Di recente, un altro detenuto famoso, Lele Mora, si è visto rifiutare la scarcerazione perchè secondo il tribunale la depressione è un male che si può fronteggiare anche in carcere, grazie agli psicofarmaci: e d’altronde se si liberassero tutti i depressi, le carceri resterebbero presto semivuote.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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