RomaNo, no, no, no, no, no e no. Un altro mattone (e sono sette) nel muro di rifiuti contro il quale il Pdl continua a sbattere la testa nel tentativo di veder riammessa la lista provinciale per le prossime elezioni regionali del Lazio. Ieri sera i giudici della sezione seconda bis del Tar del Lazio, presieduta da Eduardo Pugliese ma in composizione per due terzi diversa dal precedente pronunciamento, hanno confermato il provvedimento della Corte dappello di Roma, che lo scorso 12 marzo aveva «cassato» la lista presentata quattro giorni prima in applicazione del decreto interpretativo emanato dal governo lo scorso 5 marzo.
I giudici del tribunale amministrativo hanno ribadito che il «salva-liste» non può essere applicato al Lazio, dal momento che la potestà legislativa in materia elettorale è competenza regionale e non è esistente il profilo di incostituzionalità del decreto «proprio perché nel caso specifico non è applicabile». E, in ogni caso, sempre secondo i giudici amministrativi, «si registra una carenza di elementi precisi e concordanti» che dimostrino la presenza dei delegati del Pdl prima delle 12 e con la prescritta documentazione in quel fatidico 27 febbraio.
A questo punto la lista provinciale romana è stata già bocciata due volte dallufficio elettorale centrale (una in prima presentazione e una dopo il decreto salva-liste), due dalla Corte dappello (idem), due dal Tar (idem) e una dal Consiglio di Stato. Che resta lultima estrema speranza del Pdl. Il partito infatti, reagendo allennesimo schiaffo con il solito rammarico («nulla di nuovo sotto al Tar: una sentenza già scritta», commenta a caldo Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl) e con la solita volontà di non arrendersi, pochi minuti dopo lannuncio della decisione del Tar dava già notizia dellimminente ricorso ai giudici di Palazzo Spada, che dovrebbero pronunciarsi lunedì prossimo. Non solo cieca ostinazione, ma convinzione nelle proprie ragioni: secondo gli avvocati del Pdl, infatti, non solo non è vero che il decreto «salva-liste» non valga per il Lazio, dal momento che la presentazione delle liste è materia che la legge elettorale regionale non tratta; ma la ricostruzione di quanto avvenuto il 27 febbraio in via Varisco non corrisponde al vero e in ogni caso i giudici dellufficio elettorale avrebbero dovuto accettare la lista annotando il ritardo.
Oggi intanto è atteso il pronunciamento della Corte costituzionale sulla legittimità del decreto «salva-liste». A ricorrere alla Consulta era stata la Regione Lazio che ha chiesto di sospendere il decreto per conflitto di competenza.
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