Taranto, è bufera sul sindaco rosso sorpreso con il telepredicatore nero

da Taranto

La foto viene scattata di buon mattino. Fa presto il giro della città, e a Taranto è il putiferio. Non poteva essere altrimenti, visto che ritrae fianco a fianco il sindaco rosso di Taranto, Ippazio Stefàno, medico prestato alla politica, e l’ex sindaco nero vicino all’estrema destra Giancarlo Cito, il telepredicatore condannato per associazione mafiosa che voleva manganelli e pistole per i vigili urbani e che guidava di persona i blitz per allontanare gli extracomunitari, quello delle grandi nuotate ecologiche e delle spedizioni a Mantova e Milano per manifestare contro la Lega Nord.
Nell’immagine, Cito e Stefàno seguono con attenzione le operazioni di pulizia delle strade: una cartolina d’altri tempi, quasi fossero i protagonisti di un film già visto, del resto proprio da queste parti rimangono celeberrime le performance del leader di At6, un telepredicatore spesso e volentieri in versione supervisore. Il fatto è che nei giorni scorsi il neosindaco ha nominato nel consiglio di amministrazione dell’azienda municipalizzata di igiene urbana un avvocato indicato dal movimento politico di Cito. E già questo ha colto in contropiede gli alleati. Poi la fotografia, le riprese televisive: Cito che alle 6,30 si presenta in piazzale Bestat, in pieno centro, alla testa di una squadra di netturbini e con un folto seguito di telecamere; Cito che saluta tutti, stringe mani, si informa su disinfettanti e procedure di sgombero dei rifiuti; infine l’immagine choc: Cito con Stefàno durante le operazioni di pulizia. Quanto basta per innescare le polemiche.
I protagonisti assicurano: niente inciuci, nessun patto segreto. Ma non basta a placare gli animi, in particolare quelli della sinistra. Sulla vicenda entra a piedi uniti Michele Emiliano, sindaco di Bari e coordinatore regionale del Partito democratico, nonché ex sostituto procuratore antimafia: «Ritengo sia un errore gravissimo strizzare l’occhio a chi ha subito una condanna per associazione mafiosa». Emiliano, uno che non le manda a dire, pronuncia parole da ultimatum: «Stefàno dovrebbe chiarire al più presto, pena il cambiamento radicale dell’assetto sui rapporti politici con noi».
Il sindaco di Taranto per la verità ha già risposto alla valanga di critiche che gli sono piovute addosso e dice di aver incontrato Cito per caso, fermandosi qualche minuto prima di andare a lavorare. Stefàno era diventato un eroe all’indomani delle ultime elezioni comunali, quando fece piazza pulita dei voti aggiudicandosi la vittoria con il 72% delle preferenze dopo un ballottaggio col candidato della sinistra moderata, Gianni Florido. Erano giorni di festa per la Cosa rossa, erano i giorni del tripudio per il governatore di Rifondazione comunista Nichi Vendola, raggiante per un nuovo successo sui moderati: gli elettori avevano voltato le spalle al candidato sostenuto da Margherita e Ds puntando invece su Stefàno, il medico della gente.

Ma dalle urne affiorò anche un altro verdetto: il primo partito risultò la Lista At6, proprio il movimento di Giancarlo Cito che propose come sindaco suo figlio Mario. E adesso, a distanza di sei mesi nella città governata dalla sinistra «senza se e senza ma» riaffiora l’ombra del telepredicatore.

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