Tasse, biglietti, moschee e il record di Pisapia: in cento giorni ha già deluso mezza città

Il 48 per cento dei milanesi boccia l’operato del Comune travolto dalle decisioni del sindaco. Un campanello d'allarme da non sottovalutare: la freddezza di tanti giovani. A pesare politicamente c'è l'insoddisfazione dentro la maggioranza

Tasse, biglietti, moschee e il record di Pisapia: 
in cento giorni ha già deluso mezza città

A un internauta su due non piace il lavoro di Giuliano Pisapia. Già quasi tre punti persi in nemmeno tre mesi a Palazzo Marino. E la percentuale di chi approva il suo lavoro da sindaco che scende veloce verso la soglia del 50 per cento che tiene in equilibrio gradimento e protesta. Si dirà che il conto è fatto a spanne. Ed effettivamente è così. Perché a giudicare i primi novanta giorni di Pisapia è un sondaggio del sito internet Affaritaliani.it.

Nulla di scientifico, niente campioni rappresentativi. Ma comunque quasi 5mila persone che si son prese la briga di esprimere un’opinione. Tendenzialmente giovani, visto il mezzo usato e non certo accaniti berlusconiani, considerando che l’anima del sito che ha lanciato l’iniziativa è Angelo Maria Perrino, abile comunicatore che curò la campagna elettorale dell’ex prefetto Bruno Ferrante, candidato dal centrosinistra cinque anni fa contro Letizia Moratti.
I numeri, dunque. A partire da quelli della vittoria di Pisapia che il 30 maggio sbancò il ballottaggio col 55,1 per cento.

Una bella scoppola alla Moratti e un tesoretto di credibilità e fiducia da mettere in banca. Già incrinato, a leggere i numeri del primo sondaggio sull’argomento di cui si conoscano i risultati. «Come giudichi l’operato del sindaco Pisapia fino a questo momento?». Un mese di tempo per rispondere. Un operato «ottimo» per il 14,1 per cento, mentre per il 38,3 è più semplicemente «buono». Ma, e forse è proprio questa la notizia, per il 47,5 è «scarso». A confermare che non si tratta di un sito «fiancheggiatore» della Moratti, il titolo messo all’articolo che spiega i dati: «I lettori di Affari promuovono Pisapia».

E, in effetti, sommando l’«ottimo» al «buono» si raggiunge un 52,5 per cento che da un punto di vista puramente aritmetico potrebbe anche significare una promozione per Pisapia. Striminzita. Non fosse che c’è quel bicchiere mezzo vuoto di un 47,5 che giudica senza esitazioni «scarso» il trimestre. E a mettere a confronto il risultato di fine maggio quando Pisapia vinse il ballottaggio col 55,1 per cento con fine agosto, si potrebbe dire (sempre ricordando che nulla c’è di scientifico) che la popolarità del sindaco è già scesa del 2,6 per cento. Una «bocciatura» ancor più imprevista dato il generale clima di consenso e di buona stampa di cui Pisapia gode in questa luna di miele con i milanesi. Una luna forse già al tramonto dopo le prime stangate. L’introduzione, ed è la prima volta per Milano, dell’addizionale Irpef, l’aumento del biglietto Atm.

E ora gli annunci del rincaro della Tarsu, la tassa sulle immondizie, degli asili nido. Ma anche la minaccia di non concedere più i buoni per l’acquisito dei libri di testo per le scuole dell’obbligo e la tassa di soggiorno per i turisti. Con il vicesindaco Maria Grazia guida che in un’intervista ferragostana a Repubblica ha assicurato che «le tasse sono una cosa buona e pagarle è un bene». Parere evidentemente non troppo condiviso da chi è stanco di pagare.
Ma a pesare sulla popolarità di Pisapia ci sono anche le continue sconfessioni che arrivano dalla sua stessa maggioranza. A cominciare dalla sinistra expo-scettica guidata dal presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo e dal consigliere di Sel Mirko Mazzali. Ma anche quella più moderata del Pd dell’assessore Stefano Boeri che dell’Expo ha addirittura la delega. Ma anche gli strali dei dipietristi dell’Idv che gli rimproverano gli stipendi d’oro concessi ai compagni di partito. E poi le ruggini con il Pd e la sconfessione dell’intera strategia economica del Comune messa nero su bianco da Anita Sonego, capogruppo di una lista che si chiama addirittura «Sinistra per Pisapia».

Non bisogna vendere né Serravalle, dice,

né patrimonio pubblico. Niente Terzo polo per ampliare la maggioranza per una che era «contraria all’ingresso di Bruno Tabacci in giunta». La confusione è grande sotto il cielo di Palazzo Marino. E forse non è cosa buona.

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