Fabrizio de Feo
da Roma
Nella lista dei «nordici furiosi» contro il governo, Sergio Chiamparino merita senzaltro un piazzamento di prestigio. Il sindaco di Torino, nel corso degli ultimi mesi, ha camminato sul filo sempre più sottile della sua doppia identità: quella di amministratore cittadino ma anche di storico militante prima del Pci, poi dei Ds. Unappartenenza profonda che non gli ha impedito di guardare in faccia la realtà e di alzare la voce contro il «suo» governo, scrollandosi di dosso il retaggio di fedele funzionario del partito di Botteghe Oscure e di Via Nazionale.
Lultimo boccone amaro è arrivato per lui nella giornata di sabato con lufficializzazione della candidatura di Milano per lEsposizione universale del 2015. «Complimenti a loro» commenta il sindaco. «Ma resta lamarezza per il comportamento del governo che ha offeso Torino. In presenza di due candidature il governo avrebbe dovuto convocare, come sarebbe stato metodologicamente corretto, i rappresentanti delle due città a discuterne intorno a un tavolo. Unamarezza - aggiunge - aggravata dalla stima per le persone. Avevo suggerito a Prodi e Letta di trasformare la candidatura di Milano in una candidatura dellintero Nord Ovest con Milano capofila, idea che avevo già illustrato al sindaco Letizia Moratti che mi era sembrata disponibile. Ora spero che il vulnus con la nostra città venga recuperato in occasione delle celebrazioni per il centocinquantenario dellUnità d'Italia, un appuntamento al quale Torino crede e su cui vuole investire molto».
Lo sfogo di Chiamparino non ha certo sorpreso chi ne ha seguito le mosse recentemente. Il politico nativo di Moncalieri da tempo si è messo in rotta di collisione rispetto alle scelte dellesecutivo. Soltanto poche settimane fa, ad esempio, aveva fatto scalpore una sua dichiarazione contro la Finanziaria e i tagli agli enti locali. «È una manovra insostenibile» disse. «Sono pronto a portare le chiavi della città a Palazzo Chigi se non cambierà. Sono molto deluso da questo governo che sottovaluta limportanza e le funzioni delle autonomie locali. Noi sindaci vorremmo avere un dialogo costruttivo con lesecutivo. È soprattutto il metodo, oltre che il merito, a non andarci bene. È stata varata una Finanziaria senza che gli enti locali fossero stati minimamente considerati o consultati. Un minimo di concertazione è essenziale».
Ma il vero tunnel in cui Chiamparino continua a scontrarsi con lesecutivo, con i teorici del rinvio «sine die» e con i profeti dellinconcludenza velleitaria, è quello della Tav. Il primo cittadino torinese è un ultrà dellAlta velocità e torna periodicamente alla carica per ribadire limportanza strategica di unopera che la sua città non può permettersi di perdere, pena lesclusione dai grandi corridoi infrastrutturali europei. Il livello dello scontro con i no-Tav si è nel tempo sempre più esacerbato. Fino allultima dichiarazione dal sapore decisamente minaccioso rivolta alla sinistra radicale, tanto a livello regionale (visto che le baruffe sotto la Mole non sono decisamente mancate nellultimo anno) quanto a livello nazionale. «Spero di non arrivare mai a questo punto, ma se fossi costretto a scegliere tra il mantenimento di questa maggioranza e la Tav non avrei dubbi e sceglierei gli interessi della città che ha un bisogno strategico del nuovo collegamento ferroviario».
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