La Tav dell’Unione: più lenta e più costosa

L’Osservatorio: «Opera di enorme portata. Il sì al tracciato in 6 mesi»

Stefano Filippi

nostro inviato a Torino

Erano scesi dalla Val Susa belli carichi. Uno urlava «De Palassio fai finire questo strassio». Un altro, alla romana, «Loyola sei una sòla». L’Alberto Perino, il solito cappellaccio montanaro calcato in testa, intonava il coro «Un dü tri... sarà düra» e aggiungeva: «Finalmente uno di Bruxelles ha alzato il sedere per venire quassù». Antonio Ferrentino e gli altri sindaci avevano calato l’elmetto: «Vogliamo un contraddittorio pubblico e le scuse perché dicono che siamo finanziati da chissà quali lobby». Insomma, il solito muro contro muro e accoglienza ruvida all’ex commissario europeo Loyola De Palacio che presentava un documento sostanzialmente favorevole alla Tav. Alla fine, invece, palate di miele e tutti sostanzialmente soddisfatti. Le poche centinaia di dimostranti hanno riavvolto soddisfatti le bandiere bianche e rosse mentre la De Palacio ha preferito lasciare la prefettura da un’uscita secondaria, come Anna Falchi da Regina Coeli.
Era successo l’imprevedibile: si è cominciato a discutere sull’alta velocità. Ora che Lunardi non sarà più ministro, si dialoga. Sul tavolo c’è la perizia redatta da cinque consulenti indipendenti su incarico dell’ex commissario europeo, un testo che conferma che tutto il lavoro fatto finora è «coerente», che molte preoccupazioni sulla salute e l’ambiente sono infondate, che il tracciato di Venaus non ha alternativa e che dunque, con qualche aggiustatina, l’opera va fatta. I sindaci chiedono stralci alla Legge obiettivo, perizie e valutazioni; la De Palacio non entra nelle scelte del futuro governo ma insiste a presentare il suo dossier come un rapporto tecnico su cui basare il dialogo.
Il confronto è serrato ma il ghiaccio è rotto: se i sindaci trattano, il no alla Tav si allontana. Non si è deciso nulla perché ora le decisioni spettano al nuovo governo. E tutto lascia intendere che l’alta velocità si farà. In tempi più lunghi (la De Palacio parla di aprire i cantieri nel 2010) e con costi maggiori, ma si farà. Il percorso viene indicato da Mario Virano, responsabile dell’Osservatorio tecnico istituito settimane fa: un ingegnere prudente («la Tav è come un film, il bello è che non conosci il finale») ma ottimista («se raccoglieremo una dose consistente di consensi avremo fatto un servizio al Paese e dato un esempio all’Europa»).
Il primo passo, dopo l’insediamento dell’esecutivo, sarà l’apertura a Palazzo Chigi di un «tavolo politico», promesso da Silvio Berlusconi ma rinviato per la campagna elettorale, al quale siederanno tutte le parti interessate. Il tavolo coordinerà l’Osservatorio torinese che, ha spiegato Virano, servirà a definire un «pacchetto di dati condivisi» in tema di traffico, salute, protezione dell’ambiente. Un ente tecnico con il compito di esaminare la situazione senza pregiudizi e sgombrare il campo da equivoci su amianto e radon, inquinamento e assetto idrogeologico, trasporto e deposito della roccia scavata, eccetera. Parallelamente, governo e parlamento dovrebbero togliere la Tav dalla Legge obiettivo in modo da avviare una serie di accertamenti ulteriori, innanzitutto una valutazione di impatto ambientale. «Le scorciatoie della Legge obiettivo non sempre funzionano», dice Virano, e la Regione Piemonte ha già fatto sapere di essere d’accordo.
Tavoli, commissioni, valutazioni, dibattiti prenderanno molti mesi, tutto tempo per ammorbidire le posizioni più intransigenti. Spiega Virano: «Questo è un progetto “glocal”, cioè globale e locale allo stesso tempo; un’opera di portata internazionale che comporta scelte anche a livello nazionale e locale. Finora la Val Susa è stata esclusa dalle decisioni che contano, anzi chi vorrà scrivere un manuale su come non si gestisce una grande opera troverà abbondante materiale. Questa non è una valle di teste calde, ma di brava gente che attende solo di essere presa in considerazione. A mio giudizio, la decisione finale del governo non dovrebbe arrivare oltre fine anno».
I sindaci hanno chiesto un mese per studiare il rapporto De Palacio e un dibattito pubblico. L’ex commissario Ue, che ha viaggiato tutta la notte per incontrare i sindaci della Val Susa, ha risposto che la sede del dibattito è l’osservatorio di Virano.

Dei finanziamenti non si è parlato e nemmeno della galleria esplorativa di Venaus, i cui lavori dovevano partire il prossimo mese. È la tecnica del conte zio: troncare, sopire. Poi l’Innominato si convertirà e arriverà la galleria promessa.

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