Tav, fondi a rischio se Roma non decide

da Bruxelles

Sul binario della Tav è in arrivo una nuova puntata della querelle Torino-Lione. Per la verità la puntata si circoscrive a un diktat, quello che viene da Bruxelles da dove la Ue fa sentire alta la sua voce. Il governo italiano risolva al più presto i suoi problemi con gli abitanti della Val Susa, è in sintesi il monito, o l’opera e i fondi sono a rischio. Nella fattispecie è Franco Frattini, vicepresidente della Commissione europea, a prendere la parola nel giorno in cui il commissario ai trasporti Jacques Barrot ha presentato il Rapporto della Ue sullo sviluppo delle reti ferroviarie transeuropee. E tra queste il famigerato Corridoio 5.
L’ammonimento è secco: le misure ci sono, ora il governo faccia partire i lavori. Nel dettaglio Frattini è preciso: «Malgrado la piena conferma della serietà delle opzioni adottate per minimizzare il rischio ambientale sulla Torino-Lione, il Rapporto conferma l’assoluta necessità di un’azione del governo italiano per risolvere i problemi emersi con le comunità locali della val Susa, per evitare pregiudizi e ritardi nella realizzazione di un’opera che viene ancora una volta indicata come prioritaria in quanto volta a eliminare un “collo di bottiglia” nella mobilità transeuropea attraverso l’arco alpino». Ma Frattini non è solo in questa tirata d’orecchie a Palazzo Chigi. Gli fa eco infatti Loyola De Palacio, coordinatrice europea del progetto ferroviario che dovrà collegare l’intera rete Lione-Budapest passando attraverso Torino, Trieste e Lubiana. La sua preoccupazione è relativa a uno slittamento di tempi e alle scadenze: «L’opposizione al collegamento ferroviario ad alta velocità di una parte della popolazione della Val Susa - dice De Palacio - è un problema grave che potrebbe portare a ripercussioni tanto sul calendario di realizzazione, quanto sulla coerenza dell’asse nella sua globalità».
Finanziamenti compresi, ovviamente. E non è un tasto di poco conto. La stessa De Palacio si sbilancia anche sui pronostici per i tempi dell’operazione: «A causa dell’opposizione degli abitanti della Val di Susa la data più realistica per il completamento della galleria si situa nel migliore dei casi verso il 2019-2020». Un termine un po’ lontanuccio, per la verità, ma pur sempre più ottimistico delle fosche previsioni di qualche politico di casa nostra, come il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione che nei giorni scorsi si era mostrato pessimista, se non addirittura catastrofista: «La Lione-Torino con buona probabilità non si farà più. La procedura scelta, cioè la Conferenza dei servizi al posto della legge Grandi opere, desta preoccupazione perché mette un potere di veto nelle mani degli enti locali che fin dal principio hanno annunciato che ne faranno un cattivo uso.

Se il governo non decide in tempi brevi la Ue non potrà iscrivere le somme relative nel bilancio 2007-2013 e senza il finanziamento europeo l’opera non si fa». L’ex ministro si è anche detto perplesso per la proposta del sindaco di Torino Sergio Chiamparino che ha suggerito un tracciato alternativo in bassa valle.

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