Politica

Taxi, scioperi selvaggi a Milano e a Torino Al via 7 giorni di fuoco

Da oggi la rivolta potrebbe allargarsi a Roma e ad altre città. La Moratti convoca i sindacati. Chiamparino: «Tratto solo se finiscono le proteste»

Anna Maria Greco

da Roma

Sono furiosi, i taxi-driver. E vogliono farlo sapere a tutti. A cominciare da Romano Prodi, dal ministro per lo Sviluppo Pierluigi Bersani e dall’intero governo. Con manifestazioni, blocchi selvaggi a Roma, Milano, Torino, sciopero nazionale l’11 luglio. Ma forse dimenticano, i tassisti, di guardarsi alle spalle e vedere se qualcuno li segue. I cittadini, insomma, come reagiscono?
Ed è significativo, per questo, che nello stesso giorno in cui tutte le auto bianche si fermeranno in Italia per protestare contro il decreto per le liberalizzazioni, ci sarà davanti a palazzo Chigi una contro-manifestazione dell’Associazione dei consumatori, Codacons, per difenderlo. «Le tariffe delle auto pubbliche in Italia sono le più elevate del mondo», denunciano gli organizzatori, sfornando liste di dati. Altri numeri li aggiunge l’Aduc, sempre a nome dei consumatori che, semmai, protesta perché la liberalizzazione di Bersani per ampliare il parco-taxi, è «ancora troppo poco» per i cittadini. Perché da noi le auto pubbliche sono «troppo poche e troppo care», rispetto all’estero: una corsa a Roma costa il 360 in più che a Parigi. Considerando che la capitale francese è, Italia esclusa, in coda alla lista per il rapporto vetture-cittadini: 2,4 su 1000 abitanti, quando nell’Urbe è 2,1, a Milano 1,6, a Barcellona 9,9, a Londra 8,3, a Praga 3,9 e a Monaco 2,9.
Ma i tassisti non ci stanno, anzi la battagliera Ait minaccia querele al Codacons. Stamattina a Roma si riunirà il direttivo nazionale di Unica, l'associazione di tassisti di Filt-Cgil e il responsabile Nicola Di Giacobbe aprirà il confronto per decidere strategie e forme di lotta in risposta alla manovra economica varata dal Consiglio dei ministri. Mercoledì 5 luglio ci sarà l'assemblea della categoria e si preparerà lo sciopero dell'11. Intanto, le agitazioni spontanee proseguono a macchia di leopardo e i disagi per la gente pure; si discute della protesta nelle assemblee nei parcheggi cittadini; si annuncia che già oggi si potrebbero incrociare le braccia all’aeroporto di Fiumicino a Roma; si prosegue lo sciopero spontaneo iniziato venerdì all’aeroporto torinese di Caselle, dove i taxi bloccano l'accesso delle auto allo scalo, costringendo i passeggeri ad andare a piedi per l'ultimo tratto; si espongono manifesti allo scalo di Linate a Milano, con le scritte: «Liberalizzate i vostri stipendi», oppure «Fermo di servizio» e nessuna auto bianca carica passeggeri così come avviene a Malpensa e alla Stazione Centrale.
Negli ultimi due giorni i radio-taxi non accettano prenotazioni perché non sanno quante vetture sono a disposizione: poche, comunque. E per tanti il ritorno dal week-end diventa un incubo. Domani alle 10 nel capoluogo meneghino ci sarà un incontro con il prefetto Gian Valerio Lombardi chiesto dai rappresentanti delle organizzazioni dei tassisti per spiegare le ragioni delle agitazioni. E anche il Comune ha convocato tutti i sindacati dei taxi driver per discutere della crisi. Da Torino secco il sindaco Sergio Chiamparino: «Con queste forme di protesta non solo non li ricevo, ma neppure accolgo la loro richiesta».
Le file di auto bianche ferme sono una minaccia, nei capannelli agli aeroporti c’è aria di ribellione. «Quello dell’11 sarà solo il primo sciopero di una serie», dicono gli autisti sul piede di guerra. Aggiungono che «si profila la distruzione della categoria e delle persone che la compongono». C’è chi propone di non aspettare i sindacati e di fare da soli. «Non si può accettare una liberalizzazione in questo modo, nessuno ha consultato nessuno. Il futuro sarà impossibile, il lavoro si dimezzerà». Parlano di «follia», i tassisti. Ripetono che «la torta è quella che è, non si può dividerla ancora». Ricordano che già gli abusivi rendono la vita difficile. E che chi ha investito tutto sulla licenza, anche per la pensione, si ritroverà con un pugno di mosche. I giornali passano di mano in mano, gli articoli si analizzano, si commentano. I più informati riferiscono che già nel programma dell’Unione c’era qualche «sentore» di tutto questo, delle «avvisaglie». Ma in un incontro dei Ds con i tassisti romani a via Cavour, «avevano smentito assolutamente questa ipotesi». E invece...

Un tassinaro si augura che la storia si ripeta e sbotta: «Non ci resta che sperare in Bertinotti».

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