Viviana Persiani
«La gente deve imparare a ragionare e nessuno deve seguire, come una pecora, il gregge». È su questo filo conduttore che si dipana Il Fondamentalista napoletano nell'Europa Unita, il nuovo spettacolo di Simone Schettino, in scena al Teatro Ciak. Ambientato all'interno di una scuola elementare, lo show permette a Schettino di parlare, far riflettere, ragionare, invitare il pubblico ad usare la propria testa, partorire idee allo scopo di superare i luoghi comuni. Una bella sfida all'insegna dell'ironia.
«Il mio stile - spiega il comico - è quello di non imporre delle verità assolute. Il mio pensiero non deve influenzare nessuno. I comici hanno una grande responsabilità nei confronti del loro pubblico senza però arrogarsi il diritto di essere depositari del vangelo».
Quali sono i temi affrontati?
«Si tratta di un monologo non di certo monotematico. È uno spettacolo che tratta dai quindici ai venti argomenti come il mercato cinese, il terrorismo, la guerra, il carovita, l'alta finanza che all'improvviso diventa bassa e via dicendo. Vi siete chiesti, ad esempio, perché i cinesi siano diventati così pericolosi per la nostra economia? Per via del fatto che quando si è avuto sentore di questa invasione gli italiani si sono preoccupati solamente di pensare al loro look estetico, a futilità, sottovalutando il fenomeno. Siamo stati fregati da chi si è messo a ragionare con il cervello».
Anche la politica fa parte del suo show?
«C'è satira politica molto soft e gradevole. Non confondiamo, però, la satira con l'offesa. Attraverso il mio spettacolo non voglio influenzare il pensiero di nessuno. Io non attacco: semmai, trasformo gli articoli, le dichiarazioni dei mass media, in commenti ironici. Non sono, insomma, un censore».
La sua comicità sconfina nella volgarità?
«Se all'inizio era comodo inserire frasi scurrili per guadagnare il favore delle grandi masse, ora mi sono reso conto che questa può essere un'arma a doppio taglio. Ecco perché non utilizzo volgarità se non qualche intercalare rafforzativo di un discorso».
Cosa consiglia al pubblico per uscire dal «gregge»?
«In una società globalizzata come la nostra mi sta bene la playstation, qualche film; ma almeno una volta alla settimana vorrei giocare con gli amici a tresette, un'occasione per dialogare, ridere, scherzare, lontano dalla tecnologia».
Come nasce, artisticamente, Simone Schettino?
«Sia chiaro: prima di questo lavoro non sono mai stato divertente. Poi, rendendomi conto di quanto sia terapeutica la risata, e non solo per le persone disperate, ho intrapreso questa sorta di missione».
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