Sono «affari di famiglia»: piazzano amici e parenti, ottengono superminimi mirati «ad personam», assicurano per sé stessi e per la propria cerchia carriere fulminanti: è la parentopoli del Teatro dellOpera.
Una vera e propria casta, che per una volta non è politica ma sindacale: i rappresentanti di tre sigle sono i veri gestori del tempio della lirica di Roma. Ed è emblematica la partecipazione di Nicola Siani, legalmente ex direttore artistico dellOpera, ma tuttora in carica, allassemblea sindacale di mercoledì scorso per indire lo sciopero del personale dellOpera contro il commissariamento che solo allultimo momento è stato sospeso: un esempio di quanto il sindacato la faccia da padrone. Accontentare, gratificare il personale è la parola dordine che riecheggia nei corridoi dellOpera e che assicura potere e stabilità da anni a questa parte.
Una lunga lista, tutta accomunata dallo stesso profilo: essere figlio di, cognato di, nipote di qualche rappresentante dei sindacati. Cè lex componente dellorchestra che piazza ben due figli, uno come tecnico del suono, laltro allorchestra; chi fa assumere sorella e cognato; chi, pur non essendo cantante, ma fonico, ha velleità canore e partecipa a un concerto lirico in Liguria, alla presenza dellex sovrintendente Ernani, con tanto di accompagnamento di alcuni orchestrali del teatro; un ex ballerino, ormai in pensione che viene mantenuto in servizio come direttore di scena. Per non parlare, della sponsorizzazione alla squadra di calcio dei dipendenti, una ventina, con tanto di trasferta a Lione, per partecipare a un torneo di categoria.
E già, perché lOpera di Roma si può permettere questi ed altri lussi, di fronte a un deficit imbarazzante, una voragine di circa 5 milioni nel bilancio e che ha motivato il ministro Bondi al commissariamento.
Eppure, sotto lo scacco dei sindacati, il teatro che più in Italia spende e sperpera per il personale, circa il 70,9 per cento dei costi totali, non fa una marcia indietro, ma anzi per voce dellex direttore artistico Siani, in unintervista sulle pagine di un quotidiano, individua come causa di tutti i mali «un mancato apporto dei privati».
Lunico problema sembra essere quello di trovare fondi, mentre si dovrebbe cominciare a pensare come i soldi vadano spesi, capire perché i privati, rispetto alla Scala (47,4 milioni contro i soli 3,57 dellOpera) non vogliano investire nel teatro lirico più sovvenzionato dItalia: 23,6 milioni di euro dallo Stato, che sborsa altri 3,4 milioni in quanto Teatro di Rappresentanza, 0,7 milioni dalla Provincia, 3,4 dalla Regione e addirittura 12,3 milioni dal Comune, una cifra record che non ha rivali in Italia.
Probabilmente la causa andrebbe ricercata in una programmazione mai allaltezza, nellincapacità di attirare privati per unevidente mancanza di progettualità e di un valido cartellone.
Teatro dellOpera, «affare di famiglia» I sindacati rubano la scena agli artisti
IL CARTELLONE La programmazione non è mai stata allaltezza di questo palcoscenico
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