Teatro La Tosse mette in scena le dipendenze

Torna per il terzo anno consecutivo l’uomo in scatola, ma questa volta i suoi scatoloni se li lascia alle spalle, tutti in fila e impilati per bene sul fondo del palco per formare uno schermo su cui proiettare le dipendenze degli altri. E così in uno spirito retrò inizia lo spettacolo di Alessandro Bergallo ed Emanuele Conte che ricordano al pubblico come le dipendenze non siano malattia d’epoca odierna, ma fossero già cosa presente ai tempi del cinema dei telefoni bianchi.
Sugli scatoloni retrostanti appaiono i volti di Bogart, la Taylor, ed altre star hollywoodiane a cui, diciamo la verità, la sigaretta in bocca dava ancora più fascino, ma adesso, in un mondo in cui fumare sembra proprio un delitto, chi ancora lo fa non è considerato altro che un drogato. Ed è proprio la dipendenza per eccellenza, questa dal fumo, ad essere il filo conduttore di tutto lo spettacolo, e così Bergallo, dopo aver analizzato le paure ancestrali e personali nascoste dentro sé nel primo Box del 2009, essersi poi spinto ad esaminare il suo rapporto freudiano con la madre in Box2 del 2010, ora in questo Box 3D scandaglia il rapporto di dipendenza che lega l’uomo moderno ad oggetti, situazione tecnologia.
La novità di quest’anno è che non lo fa da solo ma si serve della gente di strada e del pubblico. Dopo i volti antichi degli attori americani ecco proiettati sugli scatoloni quelli meno affascinanti e più nostrani che raccontano di cosa sono schiavi, fumo, soldi, fidanzati, cellulari e computer, presentando una realtà davvero poco edificante e triste di questa umanità di oggi. Lo stesso accade sul palco quando l’attore invita qualcuno a salire per raccontarsi. Bergallo è divertente nei suoi sketch, ma sono senz’altro meno efficaci questi coinvolgimenti con la gente in platea in cui non sembra che ci sia una preparazione adeguata da parte di attore e regista nell’affrontare il botta e risposta col pubblico. Lo spettacolo lavora su troppi piani ancora non ben amalgamati tra loro e sembra che ci sia una certa fatica nell’arrivare alla fine mantenendo quella verve che rende brillante uno spettacolo del genere.

Box 3D appare ancora un «work in progress», a cui si consiglia una riduzione del tempo di almeno una ventina di minuti che forse aiuterebbe a sistemare anche il suo ritmo generale.
(In programma alla Sala Campana della Tosse fino al 31 marzo)

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