Teatro di Verdura

Settimana giusta per verificare un paio di cose, questa. La prima: se i famosi (famigerati) diari di Mussolini scritti tra il 1935 e il '39 siano o no un falso storico ben confezionato (e ciascuno potrà giudicare «a orecchio»). La seconda: quali ragioni stanno dietro la strana rinascita cultural-editoriale di Curzio Malaparte, da un paio di anni a questa parte?
L'occasione è data da un paio di serate organizzate dal «Teatro di verdura» presso la Fondazione Biblioteca di via Senato. Si comincia domani sera alle 21, ingresso libero in via Senato 14, con la lettura di alcune pagine dai diari del Duce tenuta da Antonio Zanoletti, attore di calibro (ha lavorato con Strehler e Ronconi). La lettura sarà intervallata da commenti del giornalista Ugo Finetti e accompagnata da un montaggio di immagini dell'epoca firmato dalla videomaker Sonia Corain. I diari sono stati comprati, tra mille polemiche, da Marcello dell'Utri nel 2007. Il giudizio del celebre storico inglese Denis Mack Smith, successivamente stemperato, ne constatava l'autenticità: «Sono genuini, non ho trovato quel tipo di sbaglio rinvenibile in un diario prefabbricato, la calligrafia di Mussolini è vera e i contenuti sono quelli che lui avrebbe potuto scrivere. Si tratta di un documento che va reso pubblico». Il consiglio non fu seguito nell'immediato, ma di fatto il 27 ottobre prossimo Bompiani uscirà con il primo volume. Altri storici, invece, li ritengono ancora del tutto non attendibili (all'epoca dell'acquisto da parte di Dell'Utri la polemica fu più politica che storico-filologica). Ad ogni modo, ciascuno giudicherà da sé, ascoltandoli dalla voce di Zanoletti. «Se non sono veri - ci dice Finetti - si tratta comunque di grande fiction. È interessante leggervi come nel 1939 il rapporto Germania-Italia si fosse capovolto e Hitler, in virtù del patto con Stalin, si permettesse di essere più brusco nei confronti di Mussolini. Significativi anche i passi riguardanti D'Annunzio: lui e il Duce ebbero sempre un rapporto non lineare, a corrente alternata». Un'altra lettura dei diari si terrà il 1 settembre.
E poi c'è Curzio Malaparte con la pièce «Anche le donne hanno perso la guerra», venerdì alle 21, stesso luogo, regia di Renato Baldi, direttore del Gruppo di ricerca teatrale e popolare Lavanteatro. Il dramma, ambientato a Vienna nel 1945, è la storia di una famiglia borghese decaduta, composta da sole (ciniche) donne costrette da (cinici) soldati sovietici a prostituirsi. Ma in tutti si potrà cogliere, alla fine, un barlume di umanità e la consapevolezza che la guerra li ha cambiati radicalmente. Malaparte è ritornato alla ribalta due anni fa, a seguito della decisione di Adelphi di ripubblicare Kaputt, probabilmente il suo libro migliore (apprezzato da diversi scrittori contemporanei milanesi e massimalisti).

Tutti si interrogarono sul senso di questa operazione, dal momento che Mondadori, editore storico di Malaparte, si fece riscattare i diritti su Malaparte con perplessità ma anche, sembrò, con un po' sollievo. Seguendo la pièce di venerdì sera potremo tentare di capire l'attualità di un autore che nei prossimi anni vedremo molto ripubblicato.

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