"A teatro vi spiegherò perché facciamo finta di non vedere l'anima"

L'artista Giacomo Poretti in scena all'Oscar: "Siamo studenti che non aprono i libri e pretendono voti alti"

"A teatro vi spiegherò perché facciamo finta di non vedere l'anima"
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«Bene, avete fatto un corpo. Ora dovete farne un'anima». Fu la sollecitazione che «un anziano sacerdote rivolse a me e mia moglie quando nacque nostro figlio» racconta Giacomo Poretti, attore, da poco anche regista e direttore, dal 2019 del Teatro Oscar, via Lattanzio 58/A, con Gabriele Allevi e Luca Doninelli (www.incamminati.teatrooscar.it, nel 2024 hanno aperto anche il Teatro degli Angeli dedicato alle nuove compagnie). Dalla frase del sacerdote per Poretti ha avuto origine il desiderio di riflettere sul tema: «cos'è, e come si crea un'anima?- dice l'attore- Pensavamo di aver già fatto tutto rispetto a nostro figlio». Nasce il romanzo, «La fregatura di avere un'anima» (Baldini&Castoldi, 2025, 17 euro), e dalla prosa alla drammaturgia il passo è breve: ecco l'omonimo spettacolo, in scena dal 18 novembre, fino al 30 novembre all'Oscar per la regia di Andrea Chiodi. Un uomo, Poretti, solo in scena, davanti al mare, su una spiaggia: «si interroga. Sulla provenienza della vita, su chi ne sia l'artefice, sulla parola anima' ».

Non teme di esporsi troppo nell'affrontare un argomento sì universale, ma anche molto intimo?

«No, nessun timore. L'anima è un concetto vasto e implica un sacco di cose. Prima fra tutte la mancanza di spiritualità assoluta che c'è nella nostra società: non ci si sofferma a interrogarsi sull'esistenza della vita e chi ne sia l'artefice. E quando lo si fa si risponde in maniera sbrigativa, ah vabbè è un caso'. Ci comportiamo come uno studente che non apre mai i libri, ma pretende poi di avere dei bei voti agli esami».

Da dove proviene questa tendenza ad allontanarci dal tema?

«Sono domande inquietanti perché sollecitano a risolvere il mistero della vita e a ragionare in modo diverso: qui il dio si fa invisibile, mentre noi siamo abituati a pensare che una cosa esiste se la posso dimostrare».

Come risolve il protagonista le sue domande?

«Man mano si rende conto che i sentimenti sono percepibili, ma astratti: le cose più importanti sono nell'immaterialità, non le certifichi con un esame del sangue. La nostra vita è compresa tra il materiale e l'immateriale. E l'anima è immateriale, ma fondamentale. Solo che noi facciamo finta di non vederla perché vorrebbe portarti ad approfondire e vivere fino in fondo».

E il teatro ha un ruolo nel raccontare questi concetti?

«Sempre. Tutte le arti hanno cercato di carpire il senso della vita».

È uno spettacolo consigliato ai giovani?

«Certo, si ride molto».

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