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"Proteggiamo la privacy": WhatsApp ci riprova

WhatsApp torna alla carica sul tema della privacy e, dopo aver lanciato una campagna pubblicitaria globale, spiega di opporsi alle richieste dati dei governi mondiali

"Noi proteggiamo la privacy": WhatsApp ci riprova

Il rapporto di WhatsApp con la privacy è sempre più al centro delle critiche, a volte giustificate e altre invece immotivate, di utenti e governi. Certo, la stessa compagnia ha contribuito con alcuni recenti aggiornamenti ad alimentare dubbi e polemiche, ma andiamo con ordine.

L'inizio di tutto è da far risalire al febbraio 2014, quando Facebook acquista WhatsApp per circa 19 milioni di dollari. Già al centro di diverse polemiche relative alla privacy dei propri utenti, il social network fondato da Mark Zuckerberg ha finito con il coinvolgere in tale vortice anche il sistema di messaggistica.

Da allora ogni aggiornamento della privacy di WhatsApp o Facebook ha finito con l'allarmare gli utenti. Tanto che all'ultimo update di maggio diversi utilizzatori hanno deciso di abbandonare WhatsApp, in favore di concorrenti come Telegram o Signal.

L'aggiornamento della privacy di maggio

WhatsApp ha chiesto ai propri utenti di approvare entro il 31 maggio 2021 i nuovi termini di utilizzo e trattamenti dei dati personali. Un aggiornamento che in realtà servirebbe unicamente ad autorizzare alcune funzionalità per la versione business dell'applicazione, tra cui assistenza dai brand o futuri pagamenti elettronici all'interno della chat.

Il messaggio che è passato è stato quello di una possibile fuga di dati verso Facebook, più volte criticata per la vendita a scopo commerciale dei dati raccolti. Cessione dei dati smentita da WhatsApp, ma ciò non è bastato a evitare una fuga più o meno di massa da parte degli utenti.

"Noi proteggiamo la privacy": WhatsApp insiste

WhatsApp ci riprova e affida a una nuova campagna la difesa delle proprie buone intenzioni. Nella pubblicità l'azienda fa dello slogan "Noi proteggiamo la privacy" il punto di forza, sottolineando come si stia opponendo ovunque all'ingerenza dei governi nella riservatezza dei cittadini.

Secondo i vertici dell'azienda di messaggistica, vari governi mondiali hanno richiesto - Cina e India in testa - l'allentamento delle misure a difesa delle conversazioni in chat. Mossa che sarebbe motivata dalla volontà di evitare la condivisione di materiali illegali e a tutela dei cittadini più deboli e dei minori.

Nel mirino dei governi mondiali è finita soprattutto la crittografia "end-to-end", che permette soltanto a chi invia il messaggio e a chi lo riceve di leggerne il contenuto. Non a WhatsApp, non a Facebook e nemmeno agli stessi governi. Una minaccia per la difesa dei più deboli secondo Priti Patel, Segretaria di Stato per gli Affari Interni del Regno Unito.

Tutt'altro che d'accordo Will Cathcart, che ha sottolineato alcuni numeri. Attraverso alcune analisi relative ai volumi di scambio dati degli utenti e al numero di gruppi a cui sono iscritti, WhatsApp mette al bando circa 2 milioni di utenti al mese per violazioni relative ai contenuti e nel solo 2020 ha segnalato oltre 300.000 immagini al National Centre for Missing Exploited Children. Il numero uno di WhatsApp ha risposto così alla politica britannica: "ll primo passo per tenere al sicuro le persone è quello di avere una sicurezza forte, e penso che i governi non dovrebbero incoraggiare le compagnie di tecnologia a fornire una sicurezza debole.

Dovrebbero tentare di incoraggiare o persino obbligare quelle compagnie a offrire la più forte sicurezza possibile".

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