La tela di Bernabè che ha vinto il primo round

È durata quasi due ore l’audizione di Franco Bernabè davanti ai commissari dell’Agcom. L’incontro si è sviluppato su due premesse fondamentali. Telecom è un’impresa con 42 miliardi di debito e il cui onere rappresenta un bel macigno. Il nuovo management sente la responsabilità verso Paese ed azienda, ma occorre capire il contesto in cui si trova. Bernabè è andato oltre. In Italia ci sono, ha fatto notare il numero uno della Telecom, altri operatori, alcuni dei quali fanno ricchi, ricchissimi utili che ovviamente trasferiscono alle proprie case madri estere. Non si può chiedere solo a Telecom di farsi carico dello sviluppo tecnologico del Paese e nel contempo crearle un contesto regolamentatorio ostile, stretto.
Fatte queste due premesse le concessioni fatte da Telecom sembrano aver soddisfatto il presidente dell’Agcom. Buona la previsione di un organo di vigilanza indipendente fatto da cinque membri e con due rappresentanti nominati dall’Agcom; interessanti le aperture sulla parità di trattamento nel traffico all’ingrosso. Il sistema di incentivi per i dirigenti di Open Access sembra un passo avanti. Insomma sulla rete fissa l’Agcom è stata piuttosto soddisfatta, come d’altronde Calabrò aveva portato a pensare. Il presidente sembra avere però qualche riserva sull’atteggiamento di Telecom per quanto riguarda la prossima rete di nuova generazione. In questo mercato Bernabè fa un ragionamento semplice. Si tratta di un’infrastruttura ancora da costruire, non si vede il motivo per il quale Telecom debba essere trattata anche in questo settore come ex monopolista.

Calabrò invece chiede garanzie anche per questa rete secondo il principio per il quale il dominio sulla rete in rame può far discendere un dominio simile su quella ancora da costruire in fibra.
Ieri Bernabè ha comunque vinto il suo primo round.

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