Telecom si avvicina alla «prova» del patto E per i soci Telco il conto arriva a 5 miliardi

Ottobre sarà un mese importante per il destino di Telecom Italia. Entro il 28 ottobre prossimo, infatti, i soci di riferimento di Telco, la holding che controlla il 24,5% del capitale (ossia Telefonica, Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo e Benetton), dovranno decidere se rinnovare il patto di sindacato in scadenza nell’aprile 2010.
Fino ad oggi le ipotesi non sono mancate a partire da una Telco2 che escluderebbe i soci spagnoli, troppo ingombranti per la gestione degli asset di Telecom presenti in sud America. Qualcuno ha anche parlato di un asse con Poste Italiane per lo scorporo della rete creando una società ad hoc partecipata anche da Cassa Depositi e Prestiti. Certo fino ad oggi la partecipazione in Telecom è costata parecchio ai soci di Telco che, come misura minima, dovranno almeno decidere il rifinanziamento del debito da 3,5 miliardi dato che è ormai assodato che non sarà varato nessun aumento di capitale.
Telco, nell’assemblea dei soci di fine luglio aveva deciso di abbattere il capitale sociale e azzerare le riserve per 1,26 miliardi in seguito alla svalutazione dei titoli Telecom detenuti in portafoglio ad un valore di carico di 2,2 euro, quotazione ormai anacronistica visto che attualmente il valore del titolo si aggira poco sopra 1 euro. Telco in un paio d’anni ha accumulato una minusvalenza teorica di 5 miliardi su un investimento complessivo di 8,8.


E se i soci decidessero di abbandonare la partita uscendo dalla holding di controllo della società le perdite sarebbero ingenti: per Telefonica 2,1 miliardi, per Generali 1,4, per Intesa e Mediobanca 510 milioni ciascuna e per i Benetton 420 milioni.

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