Il telefonino in Italia è loggetto tecnologico più diffuso, ormai: tutti ce lhanno e tutti lo sanno usare, o almeno ci provano. Eppure, sono tanti gli aspetti che ignoriamo del nostro rapporto con questo strumento tanto familiare: come i meccanismi che si scatenano quando il telefonino si mette di mezzo nel rapporto fra genitori e figli.
Secondo una ricerca del Cremit - centro di ricerca sulleducazione ai media, allinformazione e alla tecnologia - dellUniversità Cattolica, gli adulti hanno un rapporto diverso con il telefonino rispetto ai figli. Su mamma e papà, agisce come un ansiolitico, creando lillusione di sapere sempre dove sono e cosa stanno facendo i propri figli. «Mentre per i ragazzi - spiega Pier Cesare Rivoltella, direttore del Cremit -, è invece il nuovo diario, in cui archiviare pensieri, messaggi, foto e video».
Una tesi confermata anche da una ricerca delluniversità La Sapienza di Roma in collaborazione con la Cattolica di Milano, secondo la quale la massiccia diffusione dei cellulari tra i bambini delle elementari risponderebbe più a un bisogno di controllo dei genitori che a una reale necessità dei più piccoli. Secondo lo studio, nella fase preadolescenziale il telefonino rappresenta una sorta di cordone ombelicale che bilancia le prime concessioni di autonomia con le apprensioni di mamma e papà. Se infatti solo il 20 per cento degli alunni di seconda elementare ne possiede uno, la percentuale cresce esponenzialmente con il passare degli anni fino ad arrivare al 90 per cento fra i ragazzini di terza media.
Da qui la necessità di favorire un confronto tra grandi e adolescenti, alla quale il Comune ha cercato di rispondere con una iniziativa che partirà a novembre e che coinvolgerà in una prima fase 60 ragazzi dei licei di Milano e le loro famiglie.
Una sorta di «scuola di telefonino», con incontri settimanali di tre ore ciascuno fino a dicembre presso la sede dellonlus «LAmico Charly».
Mentre «Save the Children» assieme a Vodafone ha varato una «Guida alluso responsabile del cellulare».
Con le nuove tecnologie «la vita cambia e mutano i rapporti affettivi - ha commentato lassessore alle politiche sociali di Milano Mariolina Moioli -. È un fenomeno che va studiato e compreso».
«Le nuove tecnologie - ha concluso Rivoltella - non sono né buone né cattive di per sé, ma possono trasformarsi in opportunità. Credo che non scatenino tout court laggressività dei ragazzi. Semmai possono catalizzarla, ma se usate bene possono anche prevenirla». Promuovendo una nuova alleanza in famiglia.
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