Roma Donne spaccate a metà, anzi ad essere precisi un quarto contro tre quarti, sul caso Ferrario versus Minzolini. Se fosse un referendum non avrebbe neppure raggiunto il quorum, se fosse un atto di sfiducia (tutto in rosa) verso il direttore, sarebbe un grande flop, se fosse un segno della solidarietà di genere verso la ribelle (reintegrata) Tiziana Ferrario sarebbe un flop ancora più scottante. Le donne del Tg1 discutono e si dividono, con lettere furenti appese alla bacheca di redazione. Al momento se ne contano tre (ma il bilancio, come si dice per le guerre, è provvisorio): la prima, quella contro il direttore accusato di «continuare a dividere la redazione tra vecchie e giovani », la successiva missiva, vergata a mano da un’autorevole collega come Manuela Lucchini, prima firma del settore medico-scientifico del Tg1, per prendere le distanze dal primo editto, e quindi la controreplica della Ferrario.
Ma i numeri in campo quali sono? Diciotto firme di giornaliste Tg1 pro-Ferrario e anti-Minzo (ma una delle firmatarie, Ida Peritore, avrebbe già ritirato la sua), contro altre cinquanta minimo (le colleghe in forza al Tg1 «sono una settantina in tutto», precisano dalla Rai) che non hanno sottoscritto l’appello. Tra queste, fanno notare al Tg1, ci sono anche una trentina almeno di colleghe di area centrosinistra. Eppure hanno deciso di non mettere la loro faccia su quel documento di protesta, promosso da Alessandra Mancuso, componente del comitato di redazione della testata. Non si possono attribuire motivazioni agli astenuti, ma qualcosa si può immaginare dalla lettera di Manuela Lucchini, che inizialmente aveva firmato la protesta ma poi si è dissociata, spiegandone il motivo.
La conduttrice ha accusato le colleghe promotrici della protesta di non essere stata correttamente informata sul fatto che alla Ferrario il direttore avesse offerto alcune alternative più che onorevoli, tra cui: caporedattore a Milano e corrispondente da Madrid («invece a me è stato sempre detto che non le era stato proposto niente»). Ma non solo, la Lucchini ha denunciato il doppiopesismo di chi, in passato, nulla ebbe a dire sulle rimozioni di Susanna Petruni (direttore Giulio Borrelli) e di lei stessa dalla conduzione della mezzasera (direttore Demetrio Volcic). «Anche io sono stata avvicendata dalla conduzione dopo 24 anni dal direttore Minzolini, ma le alternative che mi sono state proposte le ho trovate soddisfacenti, perché in un’azienda come la Rai bisogna poter fare altro».
La Ferrario ha risposto a sua volta, sempre in bacheca, con una lettera dove spiega che quelle citate dalla Lucchini sono «falsità», perché a lei il direttore non avrebbe offerto incarichi di prestigio alternativi alla conduzione. Eppure di queste proposte (Minzolini dice di aver prospettato «quattro incarichi diversi» alla Ferrario, tutti respinti) dovrebbe esserci traccia scritta. Un giallo che si potrebbe chiarire in fretta, quindi, se le parti in causa volessero fare chiarezza su questo punto. Intanto, non è ancora fissata la data del rientro effettivo della Ferrario (che nel frattempo si dà da fare con l’impegno civile nelle piazze) alla conduzione del Tg1 . La telenovela, insomma, prosegue. Di fatto nel primo telegiornale Rai si replica la stessa situazione che sta immobilizzando il cda aziendale.
Se ogni decisione, nomina o avvicendamento, può essere oggetto di causa di lavoro con conseguente reintegro forzato e possibile danno erariale per l’azienda, il risultato è un’azienda congelata (problema che i suoi competitor diretti, da Mediaset a Sky, non hanno). La Petruni, vicedirettore e conduttrice, è in corsa per la direzione del Raidue (la sua promozione libererebbe quindi caselle ambite nel giornale), ma la nomina è bloccata dal fatto che la rimozione dell’attuale direttore Massimo Liofredi provocherebbe una causa di reintegro che riazzererebbe tutto. Quindi tutto fermo.
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