Politica

«Temo sia in arrivo la grande crisi e i governi si trovano disarmati»

Le preoccupazioni del docente: «Il costo della vita potrebbe salire ancora»

da Milano

L’inflazione europea in crescita rischia di essere la madre di una crisi economica, e i governi si trovano disarmati. L’economista e docente di politica industriale all’università di Bologna, Alberto Clò, guarda alla nuova fiammata dei prezzi con un misto di preoccupazione e di rassegnazione. E due sono le domande che gli poniamo, innanzitutto: da dove nasce e poi che cosa si può fare per contrastarla.
«Siamo di fronte a un’inflazione da energia e da generi alimentari. Finora l’impatto dei costi energetici era stato controbilanciato dalla deflazione cinese. Infatti l’energia pesava meno che in passato sulle economie occidentali che avevano retto bene e non avevano risentito di un aumento dei prezzi del barile che era passato dai 18 dollari del ’99 ai 28 del 2003, ai 55 del 2005 e ai 70 del 2007. Non solo, ma la crescita dell’economia mondiale non era mai stata così alta, anche grazie al fatto che l’impatto dei prezzi petroliferi era stato attenuato dall’effetto compensativo dei prodotti cinesi a basso prezzo importati in Europa».
Ma ora il giocattolo si è rotto. Perché?
«Da alcuni mesi il greggio è oltre 100 dollari al barile. Siamo di fronte a un diverso ordine di grandezza. D’altro canto, la crescita cinese impatta sui costi di produzione, i loro prezzi sono diventati meno compensativi. La domanda cinese di bene di consumo e di petrolio sta crescendo».
C’è però un dato curioso: l’aumento su base annua del prezzo del pane (+13,2%) è uguale a quello della benzina.
«Qui siamo di fronte a un altro fenomeno: è l’effetto disastroso della politica di sostengo ai biocarburanti, che fanno bene solo alle tasche di quelli che li producono. Il bioetanolo sottrae terreni agricoli non solo all’alimentazione umana, ma anche a quella degli animali. E gli effetti si vedono».
Ma, almeno in Italia, cosa si potrebbe fare?
«Si potrebbe pensare a misure di defiscalizzazione, che hanno però un costo sui bilanci che non si può sostenere. Il re è nudo: una volta si facevano commissioni di studio, osservatori sui prezzi che non servivano a niente. Questi interventi sono reticelle per farfalle. Nello stesso tempo è improponibile un ritorno al dirigismo. Non credo che esistano i mezzi per contrastare un fenomeno come l’inflazione innescata dai rincari petroliferi. La situazione si sta avvitando perché c’è un vuoto di investimenti in tutti i Paesi e in tutte le filiere, in Usa sono vent’anni che non si fanno più centrali nucleari, né raffinerie. In Italia si pensa che basti separare la rete elettrica con l’aggiunta di una spruzzata di fotovoltaico per risolvere tutto. Il problema ormai non è nucleare sì o no, ma come».
Professore, ma allora?
«Guardiamoci in faccia: o arriva una grave recessione, o i prezzi aumenteranno ancora. Gli Stati non hanno più gli strumenti di un tempo, sono inermi e inerti. Una politica non monetaria è impossibile, e per la Bce è inevitabile una linea severa, che rischia di non ridurre i tassi e di creare incertezza negli imprenditori che rallenteranno gli investimenti e quindi l’economia».
E questo mentre la crisi americana sta attraversando l’Atlantico.


«La crisi Usa è sincronica a quella Ue e tedesca, noi rischiamo di essere schiacciati tra un euro forte e l’economia che rallenta».

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