É vero, sono partiti tutti con largo anticipo rispetto alle passate abitudini. Ha cominciato il Milan con l'intemerata anonima (la firma di Galliani è nota) destinata a centrare la sagoma del designatore della serie A, Stefano Braschi, fresco di nomina, voluta dal presidente dell'Aia Marcello Nicchi. A quel duello rusticano ha fatto da amplificatore la battuta, sì, di battuta si è trattato, tra l'altro effettuata durante il gioco della torre, di Silvio Berlusconi («spesso il Milan si imbatte in arbitri di sinistra»).
I politici di casa nostra non aspettavano altro. Dapprima Nicchi ha definito la suddetta battuta «poco felice», a dimostrazione che hanno capito bene ma non potevano lasciarla passare. Poi si è svegliato anche il sindaco di Firenze Matteo Renzi per fare un distinguo sulla polemica elegante della Fiorentina («chiediamo rispetto» pubblicato sul sito) e invece la becera polemica rossonera. Ecco un primo risultato da invocare: se i politici, tutti indistintamente, si tenessero alla larga dal calcio, sarebbe meglio per tutti.
Dopo gli arbitri, una bufera mediatica promossa dal sito interista e patrocinata dal presidente Massimo Moratti, ha investito il giudice sportivo che ha squalificato per due turni il difensore della Roma Burdisso, espulso in Cagliari-Roma per un fallo vistoso su Daniele Conti. L'avvocato Tosel, giudice sportivo, era abituato a ricevere critiche e censure al suo operato da parte del club o del tesserato interessato.
Tempi duri per il calcio se i presidenti mettono becco anche sulle squalifiche
La polemica portata avanti dal presidente Moratti sulla squalifica di due turni inflitta a Burdisso, della Roma, fa salire il salire il livello di guardia del clima già avvelenato dalla feroci accuse del Milan al designatore Braschi e dei viola all'arbitro di Lecce-Fiorentina
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