Tempo di bilanci dopo i Saloni Milano batte Friedrichshafen 2-0

Paolo Tagliacarne

Dopo anni sono tornato a Friedrichshafen, spinto dalla voglia di constatare se davvero in 15 anni di vita, l'esposizione tedesca è cresciuta al punto da meritare davvero di essere considerata migliore del Salone di Milano. Dopo una visita di 2 giorni, constatato l'indubbio valore dell'esposizione, confesso che il mio giudizio non è allineato a quelli sentiti negli ultimi anni da parecchi espositori italiani e internazionali.
Partiamo dal nome: Eurobike è sicuramente più eloquente della sigla Eicma; inoltre gli organizzatori stanno portando avanti una forte politica di marchio. Eicma non mi pare che abbia mai attivato una forte e decisa politica di marchio, gli operatori del settore riconoscono nella sigla l'Esposizione Internazionale del Ciclo Motociclo e Accessori, il pubblico riconosce di più la definizione di Salone del Ciclo.
Il punto veramente forte di Eurobike credo sia un altro, che si può sintetizzare con il termine «impatto ciclo-emotivo», vale a dire lo spirito o atmosfera che si respira lassù, sul lago di Costanza. Arrivando in auto, superato il confine, inizia una bella e tranquilla «alpenstrasse», fiancheggiata nei due sensi di marcia da colline, boschi e una pista ciclabile; avvicinandosi a Friedrichshafen, la rete ciclabile aumenta di intensità e aumenta proporzionalmente la quantità di ciclisti di ogni età che la percorre in ogni direzione. L'ingresso in fiera non è da meno. L'area espositiva è raggiunta dalla rete ciclabile e il bike park, strategicamente posizionato davanti all'ingresso principale, è stracolmo di biciclette parcheggiate. Le cose cambiano un pochino all'interno. Due i rilievi: in primo luogo risulta disordinata la disposizione degli espositori, forse perché lo spazio espositivo, tutto sommato è scarso; in secondo luogo, è decisamente poca l'attenzione rivolta ad almeno una lingua straniera. Per essere una esposizione con ambizioni europee, credo che un maggior utilizzo dell'inglese ci possa stare. È vero che sul sito si trovano tutte le informazioni in quattro lingue e in forma assolutamente esaustiva ma quando si gira per i padiglioni il web non è con noi. Il vero motivo della visita però, era la partecipazione al convegno Travel Talk, dedicato al Turismo in bicicletta e la visita della sezione Holiday on Bike, dedicata agli operatori turistici che propongono vacanze in bicicletta. Il confronto con quanto sta facendo Eicma in tema di cicloturismo mi pare nettamente a favore dell'Italia, attiva da 5 anni con la sezione «Luoghi, mezzi, risorse per il turismo in bicicletta», da quest'anno con il progetto Cicloturismo DOQ, legato alla PedalatAzzurra e con il lavoro, in collaborazione con il TCI Touring Club Italiano, per il Ministero del Turismo finalizzato allo sviluppo del turismo in bicicletta, a livello nazionale. In conclusione, Eicma è alla sua esperienza di ben 64 edizioni: da qualche anno c'è «la grande notte delle bici» in Corso Buenos Aires, c'è la PedalatAzzurra, c'è il MilanoBiciFestival, c'è Lombardia in Bici, c'è la Milanochepedala, il tutto in concomitanza con l'esposizione; c'è una struttura fieristica di primissimo livello, ci sono espositori da tutto il mondo, c'è un'organizzazione forte sostenuta da Confindustria. Quello che manca è una pista ciclabile per raggiungere il nuovo Polo Fieristico, ma sembra che i due Comuni e la Provincia di Milano si stiano attivando in tale direzione. Il biglietto, infine, è un altro punto di confronto. L'ingresso a Friedrichshafen non prevede sconti, per 2 giorni il biglietto è costato 29 euro, vero è che parcheggi e bus-navetta erano gratuiti.
In conclusione, direi che dal punto di vista funzionale, Milano con il nuovo polo fieristico, vincente, emotivamente è superiore Eurobike. Eicma ha bisogno, di valorizzare meglio tutto quello che fa. Lavorando anche sul «brand», deve diventare il vero nodo di rete del «fare sistema per la bicicletta».

Perché Milano è Milano ed Eicma è, e sarà, Eicma.

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