Troppe partite? Un falso problema

Sampras (101 match nel '93) vinse Wimbledon e UsOpen, Federer 81 su 85 nel 2005

Troppe partite? Un falso problema
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La fotografia di Jannik Sinner in preda ai crampi a Shanghai è la dimostrazione di quanto sostiene da un po' Paolo Bertolucci: «Il tennis è brutale, ma i giocatori sono ingordi». La frase non si riferisce a lui (visto che, ad ogni polemica sul calendario, replica «basta scegliere quante partite giocare»), però la litania sul troppismo del tennis è un tema che va affrontato. Soprattutto se viene smentito, seppur in parte, dai numeri. Per esempio: nel 1993, Pete Sampras conquistò Wimbledon e UsOpen e disputò 101 partite, vincendone 85; in quello di grazia (del Re) 2005, Roger Federer chiuse con 81 successi e 4 sconfitte (85); volando al 2024, Sinner ha un record di 73-6 (quindi 79), mentre Alcaraz quest'anno conta fin qui 74 match (67-7) con la possibilità di aggiungerne un'altra quindicina. Insomma, potremmo andare avanti a scavare negli almanacchi, ma allora: si gioca davvero di più? La verità è che non è questione di quantità, ma di qualità.

Innanzitutto: ogni tennista top è obbligato a giocare i 4 Slam, otto dei nove Masters 1000 e le Atp Finals, se si qualifica. Il resto è mancia, lussuosa ed anche sfiancante, per rimanere nelle posizioni del ranking che valgono soldi per sé e per il team. Poi ci sono superfici e materiali: racchette sempre più rigide, palline sempre più gonfie (o, a volte, meno), campi uniformati (una volta c'era chi sull'erba non si presentava mai), esibizioni d'oro (a Riad). Tutto ha usurato le prestazioni. Si colpisce più duro, frontalmente, distruggendo il fisico. E quando ti fanno giocare col 90% di umidità come in Cina, ecco il patatrac (a proposito: Jannik è tornato a Monte Carlo e si riposerà per un po').

Soluzioni? Qui sta il punto. I giocatori chiedono ancora più denaro agli organizzatori (Alcaraz a New York ha vinto 5 milioni di dollari meno le tasse, ma non basta mai), il presidente Atp Gaudenzi risponde «un calendario meno fitto? Possiamo solo eliminare qualche 250». Che poi sono i tornei in cui guadagnano quelli che sono meno top.

Per cui alla fine vale la parola di Djokovic (che pure lui a Shanghai è stato male in campo, ma poi ha vinto): «Sono anni che ne parlo: i colleghi però si lamentano e quando c'è da fare gruppo spariscono». In pratica, è vero: si guadagna tanto, però ci si fa male troppo. Ma nessuno ha voglia di fermarsi.

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