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Tensione Mosca-Tbilisi, soldati russi al confine Il Cremlino richiama il personale diplomatico

La crisi fra i due Paesi esplosa dopo l’arresto e la condanna di quattro ufficiali per spionaggio

Roberto Fabbri

Si aggrava di ora in ora la crisi tra Russia e Georgia, innescata dall’arresto in settimana di cinque russi, nella città georgiana di Batumi, accusati di spionaggio. Dopo una serie di schermaglie rimaste nell’ambito diplomatico (Mosca ha richiamato il suo ambasciatore dalla capitale georgiana Tbilisi, avviato il rimpatrio di parte dei suoi diplomatici e delle loro famiglie e ha investito il Consiglio di Sicurezza della questione) la situazione è peggiorata ieri quando è stato confermato l’arresto per almeno altri due mesi di quattro dei russi arrestati, dei quali Mosca aveva invece chiesto la liberazione. I quattro funzionari rischiano, se condannati, da otto a dodici anni di carcere.
Nel frattempo la crisi assumeva, su iniziativa della Russia, anche un aspetto militare. Da una parte il ministro russo della Difesa Sergei Ivanov accusava alcuni Paesi della Nato di rifornire illecitamente di armi la Georgia, spingendo il segretario generale dell’Alleanza atlantica Joop de Scheffer a lanciare un invito alla moderazione, dall’altra Mosca sceglieva di dare il via a una serie di mosse militari. L’esercito russo ha quindi cominciato manovre di ridispiegamento delle proprie truppe lungo il confine georgiano e la Marina ha annunciato imminenti manovre navali nel Mar Nero.
Evidente l’intenzione di intimidire la Georgia, che agli occhi di Mosca ha la «colpa» di aver scelto, dopo il conseguimento dell’indipendenza all’inizio del 1992, una politica filoccidentale. Il presidente georgiano Saakashvili, succeduto all’ex ministro degli Esteri di Gorbaciov Shevardnadze nel 2003 con la pacifica «rivoluzione rosa», ha subito preso le difese dell’autonomia del suo governo e del suo Paese, ricordando che «la Georgia non è un satellite di Mosca». E il suo ministro dell’Interno Marabishvili ha definito «inaccettabili» le mosse della Russia.
Il contenzioso tra Russia e Georgia è molto complesso. Mosca non digerisce il fatto che Tbilisi segua una politica di chiaro distacco dalla Russia, Paese di cui è stato forzatamente parte per secoli: Saakashvili ha un ottimo rapporto personale con il presidente americano Bush e punta a far entrare la Georgia nella Nato e nell’Unione europea. Inoltre, i due Paesi sono in lite anche per motivi territoriali: la Georgia vuole infatti recuperare il controllo di due sue province, l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale, che quando l’Unione Sovietica collassò alla fine del 1991 fecero secessione. Fino al 1993 si combatté una sanguinosa guerra civile, costata decine di migliaia di morti, e col cessate il fuoco del 1994 Mosca inviò nelle due province proprie truppe «per pacificare la regione». La Russia cominciò però a emettere propri passaporti per i residenti abcasi e osseti meridionali, e la Georgia cominciò a temere che questo fosse un primo passo verso l’annessione. Da qui un nuovo acceso contrasto tra i due Paesi, con Mosca che ora accusa il piccolo ma fiero vicino di «aver scelto la via del confronto militare».
Ma c’è dell’altro. La Georgia occupa una posizione strategica nel Caucaso, tra il Mar Caspio e il Mar Nero, una regione che contiene circa il 4 per cento delle riserve mondiali di petrolio e gas naturali.

E gli Stati Uniti hanno un forte interesse a sviluppare l’export da quelle regioni tramite condutture che attraversino la Georgia evitando il territorio russo.

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