Terra bruciata attorno al killer di Silvestri

Alessia Marani

Saranno ascoltati questa mattina alle undici nel carcere di Regina Coeli Luciano e Andrea Calisti, rispettivamente di 33 e 26 anni, i due fratelli di Casal Lumbroso da domenica scorsa alla sbarra per il brutale assassinio di Giuseppe Silvestri, il piccolo imprenditore edile ucciso sabato nel parcheggio del ristorante «Re per una notte» di via della Magliana. I due fratelli (il più grande ha un precedente per rissa), accusati di omicidio premeditato aggravato dai futili motivi, dovranno ricostruire che cos’è successo esattamente tra le 22 e la mezzanotte di quella «maledetta» sera. Che cosa ha scatenato esattamente la furia cieca del «commando», di cui i Calisti facevano parte assieme con un nipote di trent’anni e altri due amici di quest’ultimo, tutt’ora uccel di bosco, fino a giustiziare con un colpo di calibro 9 al cuore il 42enne che era nel locale per festeggiare con i parenti e i figli di 8 e 11 anni il compleanno della moglie, Loredana. I due avrebbero già affermato agli inquirenti che della presenza della pistola «non eravamo a conoscenza; non volevamo ucciderlo ma, solamente, dargli una lezione». Eppure alcuni dei testimoni avrebbero riferito di avere sentito gridare proprio Luciano: «La pistola, tira fuori la pistola». Circostanza da verificare, fondamentale in fase processuale. Intanto, l’autopsia svolta ieri mattina sul corpo di Silvestri ha confermato quanto già ricostruito dagli investigatori della squadra mobile capitolina. A trafiggere mortalmente il cuore di «Pino» una pallottola calibro 9 corto, sopraggiunta alla frattura delle gambe per l’investimento e a un violento colpo al capo, dietro la nuca, sferrato con un corpo contundente, probabilmente la sbarra di ferro di un bloccapedali. Sabato sera Giuseppe e un fratello hanno una discussione piuttosto accesa con Luciano Calisti, intorno alle 22, per un posteggio conteso fuori dal locale. Le due automobili si sfiorano anche, la Lancia Y dei Silvestri urta la Golf dell’altro. Questo scende, c’è un primo scambio di parole grosse e qualche ceffone. Accorrono a dare man forte i parenti dei Silvestri, quello sentendosi accerchiato se ne va ma medita vendetta. Torna indietro tre quarti d’ora più tardi col fratello, il nipote (ritenuto l’esecutore materiale del delitto, colui che aveva l’arma) e altre due persone che, a sua detta, né lui, né il fratello conoscevano. Fanno la ronda, aspettano i Silvestri al varco. Il proprietario del ristorante, preoccupato, chiama anche il 113. Arriva una volante ma, allora, è tutto a posto. Invece a mezzanotte si scatena il finimondo: botte da orbi, sprangate e bottigliate. Giuseppe cade a terra, hanno provato a investirlo. Poi la tragedia. Il trentenne scende dall’auto e spara all’impazzata. Un proiettile uccide Giuseppe che muore sotto gli occhi del figlio maggiore. La banda si dilegua. Luciano e Andrea, sollecitati da un terzo fratello, tornano nella loro casa sull’Aurelia domenica pomeriggio. Ad aspettarli ci sono gli agenti della sezione Omicidi, diretta da Eugenio Ferraro. Manca all’appello il nipote (a carico del quale c’è già un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’omicidio) e gli altri due «guardaspalle». «Bulli di periferia - tagliano corto gli investigatori - che hanno trasformato una spedizione punitiva in un atroce delitto.

Gente da ricercare nell’ambiente della microcriminalità di quartiere, su cui abbiamo fatto terra bruciata attorno». Sotto torchio il giro delle amicizie del trentenne, quello che gravita attorno ai bar e alle bische del Portuense e dell’Aurelio. Non è escluso che il ricercato si possa costituire da un momento all’altro.

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